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Nicholas Sparks – Libri

Stava seduto a guardarla, chiedendosi che cosa pensasse o se pensasse. Il suo mondo era un mistero.

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    Il mondo… questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, né come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non c’era stato niente prima di esso. Niente. Non c’era stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che m’irritava: senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse. Era impensabile: per immaginare il nulla occorreva trovarcisi già, in pieno mondo, da vivo, con gli occhi spalancati, il nulla era solo un’idea nella mia testa, un’idea esistente, fluttuante in quella immensità: quel nulla non era venuto prima dell’esistenza, era un’esistenza come un’altra e apparsa dopo molte altre.

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    – Credi di averlo amato?- Ci ho provato. Lui rispondeva a ciò che, allora, pensavo potesse essere un amore. Era bello, intelligente, anticonformista, sensibile, amabile, tutto qui. Il modello primario di ogni possibile amore. Io, però, non ero in grado d’amare.- Perché?- Ero incapsulata nel mio guscio narcisistico. Gli altri esistevano solo se riflettevano specularmente i mie desideri, i miei bisogni.

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    Rosso.Lui la guarda. Il finestrino è abbassato Una ciocca di capelli biondo cenere scopre a tratti il suo collo morbido. Un profilo leggero ma deciso, gli occhi azzurri, dolci e sereni, ascoltano sognanti e chiusi quella canzone. Tanta calma lo colpisce.”Ehi!”Lei si volta verso di lui, sorpresa. Lui sorride, fermo vicino a lei, su quella moto, le spalle larghe, le mani troppo presto abbronzate per quella metà di aprile.”Ti va di venire a fare un giro con me?””No, sto andando a scuola.””E non ci andare, fai finta, no? Ti vengo a prendere lì davanti.””Scusami.” Lei fa un sorriso forzato falso: “Ho sbagliato risposta, non mi va di venire a fare un giro con te”.”Guarda che con me ti diverti…””Ne dubito.””Risolverei i tuoi problemi.””Non ho problemi.””Questa volta sono io a dubitarne.”Verde.

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    Furono gli altri ad accorgersi per primi di quello che Alice e Mattia avrebbero capito solo molti anni più avanti. Entrarono nella stanza tenendosi per mano. Non sorridevano e i loro sguardi seguivano traiettorie divergenti, ma era come se i loro corpi fluissero con continuità l’uno nell’altro, attravero le braccia e le dita a contatto.Il contrasto marcato tra i capelli chiari di Alice, che ne incorniciavano la pelle del viso troppo pallida, e quelli scuri di Mattia, arruffati in avanti a nascondergli gli occhi neri, si annullava in quell’arco sottile che li congiungeva.C’era uno spazio comune tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l’aria pareva immobile, imperturbata.