Primo Levi – Giornata della memoria
Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta.
Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta.
Auschwitz è patrimonio di tutti. Nessuno lo dimentichi, nessuno lo contesti. Auschwitz rimanga luogo di raccoglimento e di monito per le future generazioni.
A poco a poco prevale il silenzio, e allora, dalla mia cuccetta che è al terzo piano, si vede e si sente che il vecchio Kuhn prega, ad alta voce, col berretto in testa e dondolando il busto con violenza. Kuhn ringrazia Dio perché non è stato “scelto”.Kuhn è un insensato. Non vede, nella cuccetta accanto, Beppo il greco che ha vent’anni, e dopodomani andrà al gas, e lo sa, e se ne sta sdraiato e guarda fisso la lampadina senza dire niente e senza pensare più niente? Non sa Kuhn che la prossima volta sarà la sua volta? Non capisce Kuhn che è accaduto oggi un abominio che nessuna preghiera propiziatoria, nessun perdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nulla insomma che sia in potere dell’uomo di fare, potrà risanare mai più?Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera di Kuhn.
Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando e distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti sottili modi la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine.
Ogni tempo ha il suo fascismo. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente…
Coloro che erano sopravvissuti nei ghetti e nei campi, che erano usciti vivi dall’incubo dell’abbandono più disperato e assoluto (tutto il mondo era una giungla e loro erano la preda) non avevano che un solo desiderio: andare in un posto dove non avrebbero mai più visto un solo ebreo.
Gli abitanti del pianeta Auschwitz non avevano nomi. Non avevano né genitori né figli. Non si vestivano come si veste la gente qui. Non erano nati lì né li concepivano. Respiravano secondo le leggi di un’altra natura e non vivevano né morivano secondo le leggi di questo mondo. Il loro nome era Ka-Tzenik e la loro identità era quella del numero tatuato nella carne dell’avambraccio sinistro.