Primo Levi – Giornata della memoria
Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare.
Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare.
Mentre, liberatomi infine dalla mia lercia divisa e indossati panni civili, puliti, senza alcun contrassegno infamante, mi allontanavo da Bergen Belsen su un camion della Croce Rossa, capii che altrove, in una dimensione a me preclusa, si era giocata una partita a scacchi la cui posta e le cui perdite erano incalcolabili. Mi stupii che tutt’attorno la natura fosse rimasta indifferente, e che ci fosse ancora un maggio come quelli della mia infanzia. Per la prima volta il sole non era più offuscato dal fumo dei forni crematori e, tra le basse dune di sabbia, la brezza riavviava i radi cespugli di erica della landa di Luneburg.
La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita.
Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona “a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto”. Nel Lager, dove l’uomo è solo e la lotta per la vita si riduce al suo meccanismo primordiale, la legge iniqua è apertamente in vigore, è riconosciuta da tutti.
Il guaio delle ideologie è l’autoreferenzialità. Esse obbediscono soltanto ai propri idoli, senza curarsi della realtà. Non si accorgono di essere il primo nemico di sé stesse.
Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo.
Non perché non voleva, ma perché non poteva, Dio non è intervenuto ad Auschwitz. Ma egli non poteva intervenire perché nell’atto della creazione dal nulla si era limitato, anzi si era spogliato della sua potenza.