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  • Primo Levi – Giornata della memoria

    Erano centoErano cento uomini in arme.Quando il sole sorse nel cielo,Tutti fecero un passo avanti.Ore passarono, senza suono:Le loro palpebre non battevano.Quando suonarono le campane,Tutti mossero un passo avanti.Così passò il giorno e fu sera,Ma quando fiorì in cielo la prima stella,Tutti insieme fecero un passo avanti.”Indietro, via di qui, fantasmi immondi:Ritornate alla vostra vecchia notte”:Ma nessuno rispose, e invece.Tutti in cerchio, fecero un passo avanti.

  • Primo Levi – Frasi Sagge

    Intendo esaminare qui i ricordi di esperienze estreme, di offese subite o inflitte. In questo caso sono all’opera tutti o quasi i fattori che possono obliterare o deformare la registrazione mnemonica: il ricordo di un trauma, patito o inflitto, è esso stesso traumatico, perché richiamarlo duole o almeno disturba: chi è stato ferito tende a rimuovere il ricordo per non rinnovare il dolore; chi ha ferito ricaccia il ricordo nel profondo, per liberarsene, per alleggerire il suo senso di colpa.Qui, come in altri fenomeni, ci troviamo davanti a una paradossale analogia tra vittima e oppressore, e ci preme essere chiari: i due sono nella stessa trappola, ma è l’oppressore, e solo lui, che l’ha approntata e l’ha fatta scattare, e se soffre, è giusto che ne soffra; ed è iniquo che ne soffra la vittima, come invece ne soffre, anche a distanza di decenni. Ancora una volta si deve constatare, con lutto, che l’offesa è insanabile: si protrae nel tempo, e le Erinni, a cui bisogna pur credere, non travagliano solo il tormentatore (se pure lo travagliano, aiutate o no dalla punizione umana) ma perpetuano l’opera di questo negando la pace al tormentato.

  • Primo Levi – Giornata della memoria

    Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere quest’offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati in fondo. Più già di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.