Simone Weil – Paradiso & Inferno
Preferiamo un inferno reale che un paradiso immaginario.
Preferiamo un inferno reale che un paradiso immaginario.
Un angelo di nome Laura è scesa dal cielo per amarmi, ma io come un demonio gli uccisi tutti i sogni ed ora giro nell oblio dell inferno.
GIOVANNI PAOLO II… una figura moderna ma con un occhio attento alla tradizione, un pontefice comunicatore, che con la sua parola ha restituito ai giovani l’identità culturale ed il senso di aggregazione necessari a ridisegnare la STORIA; un innovatore che partecipa ai grandi eventi della storia moderna, dal carisma unico ed inconfondibile (un frontman, come lo ha definito BONO VOX con cui ha contribuito alla lotta contro il debito dei paesi poveri… ).IL PAPA che ha mantenuto la reggenza della Chiesa per 27 anni con straordinaria dignità, ha dimostrato, in tutte le circostanze del suo pontificato, una grande ricchezza d’animo e una grande resistenza ad ogni tipo di avversità.Oggi che lui è tornato alla casa del Padre continua a guardarci e a trasmetterci il suo messaggio di pace e di speranza, e noi possiamo dimostrargli che in ogni momento faremo tesoro della sua parola.ARRIVEDERCI KAROL!
In ciascuno di noi esistono un angelo e un demonio, e le loro voci sono molto simili.
Io sono come una “ventata”, ti faccio sorridere, ti regalo gioia ma appena sbagli ti ritrovi dritto all’inferno.Il passaggio è davvero breve.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Era come osservare il paradiso senza poterci entrare.