Stefano Del Degan – Vita
Perseguitati dalla morte, dobbiamo “meditare” la vita.
Perseguitati dalla morte, dobbiamo “meditare” la vita.
Non conviene riempire di miele un vaso che sa di aceto, diceva Sofocle. E, forse, dico io, questa saggezza vale anche per tutte quelle relazioni (amicizia, amore, simpatia, etc) che sono partite da binari sbagliati, che sono finite su strade chiuse, che si sono sbriciolate alla prima difficoltà, che si sono rivelate dannose e deleterie per noi o per l’altro, a perfido dispetto della speranza ripostavi, degli occhi lucidi e del cuore palpitante. Non conviene tirarle su, ripararle a tutti i costi, fare immani fatiche per reindirizzarle sulla strada giusta, ostinarsi a credere che possano raggiungere una qualsiasi meta, decorarle di attese e avverbi dubitativi, addolcirle di pazienza e musica. Non conviene, soprattutto se ogni nostro gesto e tentativo è puntualmente ignorato o boicottato dalla controparte. Non conviene inseguire il giorno, non conviene illuminare il cielo della notte, perché ci sono stelle che, con troppa luce, non potremmo vedere. Ci sono stelle che disegnano miti e leggende (un lampione non lo sa fare), stelle che ci ridimensionano nella nostra confortevole piccolezza, consolandoci al contempo del nostro sentirci smarriti sotto un cielo che avremmo voluto dividere e condividere con chi già dormiva, andava, moriva, spariva, non c’era e non c’era mai stato.
Siamo completamente autodistruttivi. Inseguiamo ciò che non ci appartiene: uno sguardo, uno straccio di pelle, una cellula di cuore.
La nostra saggezza, che abita nella mente e nei pensieri, è povera e debole.
Quello per cui non esiste una scuola ce lo insegnerà la vita.
Anche le persone che sembrano avere tutto hanno i loro demoni.
Fai della tua vita un manicomio ma sii il suo più grande psichiatra.