Chiarasandra Trevisan – Stati d’Animo
Pensavo fosse amore e invece ero solo ubriaca.
Pensavo fosse amore e invece ero solo ubriaca.
Tutti vogliono tutto. Tutto diventa scontato, dovuto e ammuffito. Non fai in tempo a dare un dito che ti chiedono un rene. Non fai in tempo a chiedere aiuto che si tagliano le vene. Morti. Se chiedi sono tutti morti. Una città di fantasmi che gridano al mercato con le mani nascoste sotto il lenzuolo a trafficare amore in cambio di sesso e amicizia in cambio di buoni pasto. Ma la vera infelicità qual è? Chiedere e non ricevere oppure dare e non sentirsi mai abbastanza? Ma il problema dove sta? Nel turgido egoismo sempre in tiro o nell’accoglienza vana di un timido altruismo che prende sprangate in viso? Tutti vogliono tutto, tutti vogliono essere felici a discapito della felicità altrui. Questo è il punto. Punto.
Rido. Rido sempre e mi chiedono perché. Facile. Rido per vedere sorridere chi amo e per non far ridere chi mi odia.
Sarebbe carino sorridersi vicendevolmente. Ti fermi a un bere caffè, magari con un pensiero che ti logora il fegato e mentre apri la bustina dello zucchero, alzi lo sguardo e incontri il sorriso di qualcuno che ti guarda, di qualcuno che si è accorto di quello che ti stai portando dentro. Un sorriso attento, una carezza senza mano, un paio di occhi che in silenzio ti dicono: coraggio. Non sei la sola, non sei l’unica. Sorridere alla gente. Questo manca all’umanità. Un sorriso gratuito e disinteressato capace di scaldarti molto meglio di una termo coperta.
Se non sei all’altezza dei sogni che hai, non chiedere agli altri di sognare insieme a te.
Lasciatemi sognare la vita che voglio.
Su Facebook, vedo molte foto profilo con cappelli da babbo Natale in testa. Ecco, io li sostituirei con dei coloratissimi preservativi magari dotati di lucine colorate. Fa festa. Anche le teste di cazzo hanno diritto al panettone.
E poi arriva il silenzio, quello inevitabile, quello conclusivo, il cerotto sopra il taglio a cui è chiesto di assorbire il siero dell’addio. È silenzio vero, quello che non ha più nulla da dire perché tutto è già stato detto, giocato e tradito. È il silenzio del tempo, quello che si prende la vita quando si è vista sprecare le occasioni di felicità che ha offerto. È il silenzio della lealtà che rimane muta davanti alla sua stessa mutilazione e con lo sguardo al cielo, attende il nuovo giorno. È il silenzio duro, quello che durerà per sempre perché non ha nulla da perdonare a chi non comprende di avere sbagliato. È silenzio acido, quello che corroderà ciò che è rimasto. È il silenzio dell’addio.
Dicono che i silenzi raccontino molto più delle parole. Vero. Ci sono silenzi che raccolgono tutto il niente che c’era.
I segreti degli uomini sono nascosti nelle loro cicatrici e in quei segreti ci trovi tutta la tenerezza che nascondono.
Non è mai troppo tardi per ricominciare. Devi solo trovare un nuovo “perché”.
Ci vuole tempo. Tempo per amare, per arare, per odiare, per giocare. Se non avete tempo, lasciate stare.
Il giudizio ti vuole santa o sbagliata. La via di mezzo è censurata.
L’orgoglio non paga. Devasta e lascia la piaga.
Non berti le stronzate della gente. Ti vogliono ubriaca per abusarti il cervello.
In una mano rimasta vuota ci trovi tutto quello che ha donato.
Avremmo dovuto fare di più. Avremmo potuto fare di più. Avremmo. Condizionale. Condizionale che ti condiziona nella perdita di persone e cose, occasioni e piccoli pezzi di cuore. Avremmo ma non abbiamo.