Marghy Ferrara – Uomini & Donne
Donne che si lamentano dei propri uomini, i casi sono due: o li lasciate e vi fate la vostra vita, o ve li tenete e smettete di fare le vittime, perché scegliete voi di farvi calpestare.
Donne che si lamentano dei propri uomini, i casi sono due: o li lasciate e vi fate la vostra vita, o ve li tenete e smettete di fare le vittime, perché scegliete voi di farvi calpestare.
Meglio l’ira devastante di una pantera che l’amicizia compiacente delle gatte morte.
Le donne che mettono alla prova il loro uomo per scoprire di che pasta siano fatti devono mettere in conto che molti, purtroppo, sono fatti di pasta frolla.
Le donne non devono accontentarsi di essere la seconda scelta di un uomo, non siamo mica al mercato ortofrutticolo, e non abbassiamo il prezzo della nostra dignità.
Le quarantenni, fascino da vendere, sensualità a tutto tondo e curve mozzafiato, un mix esplosivo da assumere con cautela.
Sii sempre una necessità per un uomo, mai un capriccio.
Ricordiamo ai signori maschietti che fare l’amore non è come mangiare al un fast food. La donna ha bisogno di preliminari e dei suoi tempi, non ci piace l’uomo mordi e fuggi, non stiamo facendo una gara a cronometro a chi finisce prima. Ma dove sono finiti i gentiluomini? Un po’ di galanteria, e che diamine! Aspettate la donna e poi venite anche voi, forse, se ci va ancora di mandarvi su di giri prima che vi mandiamo a quel paese.
Se vuoi un uomo solo per farti compagnia, comprati un orsacchiotto.
Chilo più, chilo meno, tette 4° misura o 1° misura, le donne sono tutte belle. Fottetevene di chi giudica dai chili e dalla taglia, evidentemente ha un cervello talmente ristretto che non vi entra il rispetto per una donna. L’importante è piacere prima di tutto a se stesse.
Una donna che si rispetti vorrà solo un uomo che la rispetti.
Avviso per i signori uomini: se con la vostra donna non vi dedicate ai preliminari, non azzardatevi nemmeno a pretendere i supplementari.
È il contatto che ci manca in una società dove si predilige il rapporto virtuale. Entri in un luogo pubblico e, mentre sei lì che aspetti, son tutti ipnotizzati davanti allo schermo del proprio Iphone. Niente dialogo, scambio di battute, tutto un botta e risposta su Whatsapp, o interminabile interagire coi giochi sui social. Pare non abbiamo più nulla da raccontarci, da inventarci. Solo un copia incolla di link da mandarci, di frasi fatte, di messaggi brevi, magari inaccessibili come codici fiscali, musica da postare, ma il linguaggio è fermo. Trovandoci uno di fronte all’altro o in comitiva ognuno guarda il proprio cellulare, pare sia lui il protagonista di ogni conversazione, sia lui a parlare per noi, più di noi. È il contatto, quello di sguardi, di sorrisi, di discorsi, è il contatto che ci manca.
Siamo diventati tutti tecnologici, eppure regrediamo. Chissà perché più avanza la tecnologia più il cervello di molti risulta mummificato.
Lo hanno chiamato “divorzio breve” perché “è una cosa così lunga che è meglio che la finiamo qui” pareva brutto.
Si perde tanto tempo a scegliere il colore giusto del piercing labiale in base al colore dei denti, il colore della borsa in base alle scarpe, il colore dei capelli in base all’incarnato, e così poco tempo, invece, ad abbinare un cervello a quell’involucro di esteriorità.
Ormai, anche quando ti invitano a prendere un caffè, non sai mai se siano davvero interessati a te o se quel caffè sarà solo un pretesto per guardare tutto il tempo il display dello smartphone.
Tutti ambiscono ad avere una bella casa, splendidamente arredata, con interni raffinati, mobili di pregio, angoli su misura dei propri sogni, dettagli perfetti per emozionare gli ospiti, l’originalità ad ogni passo, poi i selfie se li fanno nell’angolo più imbarazzante e banale che ci sia, il gabinetto. No, spiegatemi, perché io proprio non ce la posso fare.