Marghy Ferrara – Social Network
Basta iscriversi ad un social per capire che c’è gente più fuori di capoccia che all’Oktoberfest.
Basta iscriversi ad un social per capire che c’è gente più fuori di capoccia che all’Oktoberfest.
È il contatto che ci manca in una società dove si predilige il rapporto virtuale. Entri in un luogo pubblico e, mentre sei lì che aspetti, son tutti ipnotizzati davanti allo schermo del proprio Iphone. Niente dialogo, scambio di battute, tutto un botta e risposta su Whatsapp, o interminabile interagire coi giochi sui social. Pare non abbiamo più nulla da raccontarci, da inventarci. Solo un copia incolla di link da mandarci, di frasi fatte, di messaggi brevi, magari inaccessibili come codici fiscali, musica da postare, ma il linguaggio è fermo. Trovandoci uno di fronte all’altro o in comitiva ognuno guarda il proprio cellulare, pare sia lui il protagonista di ogni conversazione, sia lui a parlare per noi, più di noi. È il contatto, quello di sguardi, di sorrisi, di discorsi, è il contatto che ci manca.
Siamo diventati tutti tecnologici, eppure regrediamo. Chissà perché più avanza la tecnologia più il cervello di molti risulta mummificato.
Posso anche inciampare scorticandomi le ginocchia, mi rialzerò sgomitando tra la folla per riprendere i miei passi, stai pur certo che non mi ribasserò mai a strisciare ai piedi di qualcuno. La dignità è una dote che non si svende né si baratta, perché il suo prezzo, almeno per me, è e resta incommensurabile.
L’arte del parlare non consiste nell’avere sempre un argomento da sfoggiare, ma nell’ascoltare ed avere sempre la risposta giusta quando si tratta di mettere a tacere i discorsi inutili.
I momenti passati si affollano nella mente come mosaici di un caleidoscopio, dai contorni sempre meno nitidi nel tempo, ma daranno sempre colore quando con la mente attingeremo alla fonte dei ricordi.
Agguerrita e determinata ho fatto i conti con la vita, che mi ha sempre presentato un conto salato. Devo a ciò che ho sofferto in passato la forza e l’ostinata volontà di non mollare mai, nemmeno nelle situazioni più drammatiche. E, se una donna non trae vantaggio dal buio che ha superato e non trova dentro di se un motivo per rialzarsi è soltanto una delle tante “femmine”.
Chi nasce diavolo non può morire acqua santa.
C’è stato un tempo in cui anch’io ero sposata. Sono stati i peggiori anni della mia vita.
Lo hanno chiamato “divorzio breve” perché “è una cosa così lunga che è meglio che la finiamo qui” pareva brutto.
Anch’io ho avuto problemi con il matrimonio. Poi, però, mi sono avvalsa del diritto di recesso.
Mentre i lavoratori onesti si ammazzano per versare i loro contributi allo stato, lo stato dà anch’esso il suo contributo ai lavoratori: contribuisce a far loro la pelle, ad incenerire i loro sogni e i loro esigui risparmi, ed è anche lungimirante, trova cioè il modo per garantire ai pensionati un futuro di merda.
Chiudi la porta al passato, se ti ha fatto soffrire. Non c’è spazio per chi non ha saputo meritare le tue attenzioni. È preferibile tagliare i ponti e iniziare a pensare al futuro senza rimpianti. Tutto ciò che succede serve a fortificarci.
Agguerrita e determinata ho fatto i conti con la vita, che mi ha sempre presentato un conto salato. Devo a ciò che ho sofferto in passato la forza e l’ostinata volontà di non mollare mai, nemmeno nelle situazioni più drammatiche. E, se una donna non trae vantaggio dal buio che ha superato e non trova dentro di se un motivo per rialzarsi è soltanto una delle tante “femmine”.
Lascia perdere la gente ipocrita e infame. Fra le mele marce c’è poco da scegliere.
Per farmi rispettare e allontanare fregature nel rapporto con gli altri ho cominciato a esigere e non a transigere.
Nelle difficoltà della vita bisogna essere come i giocatori di carte. C’è chi tira fuori l’asso dalla manica, chi invece un poker d’assi. Io preferisco giocare la carta della lealtà, sempre a carte scoperte, anche se sono consapevole che nella vita, come nel gioco, viene premiato chi bara.