Michelangelo Da Pisa – Comportamento
-Guardare negli occhi di un cane e pensare: “gli manca solo il dono della parola.”-Guardare negli occhi di certa gente e pensare: “Oh, hai persino il dono della parola!”
-Guardare negli occhi di un cane e pensare: “gli manca solo il dono della parola.”-Guardare negli occhi di certa gente e pensare: “Oh, hai persino il dono della parola!”
Se senti la necessità di buttar via oggetti legati ad una donna, lei sta vivendo ancora in te, non certo in quegli oggetti.
Quando il passato bussa alla tua porta, rimani in silenzio e fa’ finta di non essere in casa.
Scelte, o le fai o ti vengono a prendere.
Che uno sguardo violi la tua intimità te ne accorgi in un ascensore, dove per evitarlo fissi l’improbabile.
Un po’ mi mancano tutti quei termini ormai desueti: missiva, balocco, talamo, grazie.
Ogni giorno incrocio centinaia di occhi, ma pochissimi sguardi, decine di facce, ma qualche volto, tanti esseri e, raramente, anche degli umani.
Qualcuno sembra più alto solo perché sotto i piedi ha la propria dignità.
La banalità uccide persino l’abitudine, oppure ci si allea.
Tentare di comprendere gli atteggiamenti altrui avendo come termine di paragone se stessi è come provare a misurare un liquido in metri.
C’è chi ti fa battere il cuore, chi te lo fa sbattere e chi te lo sa abbattere, ma io continuo a combattere.
Non comprenderò mai lo strano meccanismo per cui si ha pudore delle lacrime, ma non delle proprie cattiverie.
La felicità, come la sofferenza, dovrebbe essere più intima delle mutande. Eppure i più decidono di esibirle entrambe a mò di macabro trofeo.
Non devi sforzarti a dire qualcosa di intelligente. Non devi sforzarti a dire qualcosa. Non devi sforzarti. Non devi.
La fretta fa compiere cazzate ma anche la solitudine non scherza.
L’educazione è quell’optional che non aumenta le prestazioni, ma rende più luminosi gli interni.
“Scusa”, “mi spiace” non sono jolly da giocarsi ogniqualvolta si calpesta l’altrui vita. Le parole sono selce affilata, appuntita, avvelenata e non riesco a metterle in tasca e andar via fischiettando come se nulla mi avesse scalfito. Il più delle volte, fiero ma claudicante, riesco a sotterrarle, ma non dimenticarle.