Tony Harrison – Arte
Non mi è mai piaciuta l’idea dell’arte ghetto nella quale la poesia è considerata il supporto vitale del sistema.
Non mi è mai piaciuta l’idea dell’arte ghetto nella quale la poesia è considerata il supporto vitale del sistema.
Se si parla di pittura sono d’obbligo Magritte, Permeke e, subordinatamente, Topor. Da evitare Picasso, e persino Pollok, forse anche Rauschenberg e Wahrol. Ammessi invece Kandinsky e Klee; semmai un patetico ricordo di Cy Twombly del periodo romano. Ottimo è, per l’Ottocento, confessare un debole per De Nittis e Boldini, persino per Michetti, e ovviamente per Fattori. Si va sempre bene ora con Boccioni, Balla, il primo Carrà. Fra gli scultori, con Moore non si sbaglia mai; glissare su Manzù e semmai ostentare una qualche nostalgia per Medardo Rosso. Se si parla di musica, evitare gli ovvi entusiasmi per Bach, Beethoven, Mozart; Debussy è sempre ottimamente quotato. Con Mahler si va sul sicuro. Ma Schonberg, la dodecafonia, e persino Nono sono argomenti rischiosi, meglio evitare. Ora si è invece tranquilli con Respighi. All’ovvio Verdi è sempre preferibile Donizetti, se non addirittura Puccini. Con Rossini non si sbaglia mai.
Nel paesaggio dell’anima e nelle geometrie del pensiero un’unità piccola e residuale vibra di vita autentica: è un’opera d’arte.
Non sottovalutare mai gli occhi fotografati, possono far finta di non sapere ma in realtà…
La sola arte di cui mi accontento è quella che, elevandosi dall’inquietudine, tende alla serenità.
L’aforisma più bello, non l’ho ancora scritto.
La vera arte della diplomazia consiste nel non perdere il posto.