Domenico Esposito Mito – Libri
A volte temo di sembrare alla gente uno dei tantipazzi del paese, altre volte temo di esserlo, altre volte ancorainvece, temo di diventarlo.
A volte temo di sembrare alla gente uno dei tantipazzi del paese, altre volte temo di esserlo, altre volte ancorainvece, temo di diventarlo.
Ho scritto il libro della mia vita, dei miei errori e delle mie vincite, dei miei desideri e delle mie sconfitte e tutti gli editori hanno avuto paura. Troppi errori e troppe sconfitte! Il libro non verrà mai alla luce perché porta dentro di se, non più vita e troppi passaggi oscuri!
Quando vendi ad un uomo un libro, non gli vendi 12 once di carta, un po’ di inchiostro e della colla, gli vendi un’intera nuova vita.
Succede. Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo. Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire.
Dune è un film indirizzato come nessun altro ai sensi dell’udito e della vista: vi costringe a partecipare, e non vi permette di rimanere seduti là mentre si svolge per voi. Una miniserie che reintegrasse le parti mancanti lo renderebbe ancora più evidente.Anche scrivendo il romanzo ho chiesto al lettore di partecipare con tutta la sua immaginazione. Non mi sono diretto al minimo comune denominatore, riducendo il romanzo a qualcosa che potesse andare bene per tutti. Voi e io abbiamo un accordo, e la mia parte è intrattenervi nel modo più ricco, dandovi sempre tutto il “di più” che mi è possibile. Da parte mia, dò per scontato che siate intelligenti e che mettiate in campo tutta la vostra immaginazione. Ve ne renderete conto quando leggerete la citazioni di Dune e le altre storie di questa raccolta.Non domandatevi se io ho avuto successo, o se il film ha avuto successo.Il solo critico dei conti è il tempo. Durerà? Possiamo soltanto fare ipotesi ed esprimere la nostra opinione. Nessuno che vive oggi può dire davvero di saperlo, ma chi vivrà nel prossimo secolo certamente lo saprà.
Tutto ciò di cui ci impossessavamo diventava migliore, più bello e pacifico. Gli umani, invece, erano bestiali e ingovernabili. Talmente abituati a uccidersi l’un l’altro da considerare l’omicidio un gesto comune. […] La guerra aveva infuriato su quasi tutti i continenti. L’assassinio era approvato, ordinato e applicato con cattiveria. Gli abitanti delle nazioni pacifiche fingevano di no vedere, mentre altri membri della specie morivano di fame sotto il loro naso. Non c’era uguaglianza nella distribuzione delle abbondanti risorse del pianeta. La cosa più vile era che i loro discendenti (le nuove generazioni) erano state troppo spesso vittime di crimini atroci. Per mano non soltanto di sconosciuti, ma anche di chi avrebbe dovuto crescerle. L’incuria e l’avidità avevano messo in pericolo l’intero globo. Se qualcuno avesse paragonato il presente della Terra al suo passato, non avrebbe potuto negare che, grazie a noi, era diventata un posto migliore.
Guadato il fiume, valicato il passo, l’uomo si trova di fronte tutt’a un tratto la città di Moriana, con le porte d’alabastro trasparenti alla luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa. Se non è al suo primo viaggio l’uomo sa già che le città come questa hanno un rovescio: basta percorrere un semicerchio e si avrà in vista la faccia nascosta di Moriana, una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio. Da una parte all’altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il suo repertorio d’immagini: invece non ha spessore, consiste solo in un diritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi.