Matsuri Hino – Libri
Se per caso ti dicessi che ti amo… cosa penseresti di me?
Se per caso ti dicessi che ti amo… cosa penseresti di me?
Antonio, caro Antonio. Che cosa verrà dopo? Che cosa rimarrà di queste ore, di questa età, di quel che siamo adesso? Se l’avessi saputo. Se avessi saputo che non ci sarebbe mai stato avvenire per lui, che tutto quanto – le sue chimere, i suoi progetti, le sue malinconie, il suo sorriso – tutto quanto di lui sarebbe finito sotto un pezzetto di terra dietro il cancello del cimitero alto… Antonio, caro Antonio, sei rimasto ragazzo per sempre. Ancora oggi non posso pensarci senza piangere. Ma quella sera non lo sapevo!
Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri malavoglia, erano passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron ‘Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il pugno chiuso – un pugno che sembrava fatto di legno di noce: per menare il remo bisogna che le cinque dita s’aiutino l’un l’altro.Diceva pure: gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo. (da “I Malavoglia”)
Tutta quella città… non si riusciva a vederne la fine…La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?Era tutto molto bello, su quella scaletta… e io ero grande con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.Non è quello che vidi che mi fermò, Max.È quello che non vidi.Puoi capirlo? Quello che non vidi… In tutta quella sterminata città c’era tutto tranne la fine.C’era tutto.Ma non c’era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita.Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se tu.Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai… Quella tastiera è infinita.Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.Cristo, ma le vedevi le strade?Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi laggiù a sceglierne una.A scegliere una donna.Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n’è.Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla…Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.Io ho imparato a vivere in questo modo.La terra… è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.Non scenderò dalla nave.Al massimo, posso scendere dalla mia vita.
Allora mi domando: Che cosa sarà successo sul suo pianeta? Forse la pecora ha mangiato il fiore…Tal altra mi dico: certamente no! Il piccolo principe mette il suo fiore tutte le notti sotto la campana di vetro, e sorveglia bene la sua pecora.Allora sono felice, e tutte le stelle ridono dolcemente!Tal altre ancora mi dico: una volta o l’altra si distrae e questo basta! Ha dimenticato una sera la campana di vetro, oppure la pecora è uscita senza far rumore durante la notte…Allora i sonagli si cambiano tutti in lacrime! E tutto un grande mistero! Per voi che pure volete bene al piccolo principe, come per me, tutto cambia nell’universo se in qualche luogo, non si sa dove, una pecora che non conosciamo ha, si o no, mangiato una rosa. Guardate il cielo e domandatevi: la pecora ha mangiato o no il fiore? E vedrete che tutto cambia…Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia tanta imporanza.
Si scrive per sé, si scrive di sé, si scrive nonostante i se.
“(…) porti con sé una leva per scasso, una lanterna cieca, uno scalpello e una rivoltella. S. H.” Bell’equipaggiamento per un cittadino rispettabile da portarsi addosso attraverso strade buie ammantate dal nebbione!