Peter Handke – Libri
Non c’è bisogno di mandare a memoria le frasi: esse anzi possono essere tranquillamente dimenticate, il bello è che ciò nonostante rimangono in testa.
Non c’è bisogno di mandare a memoria le frasi: esse anzi possono essere tranquillamente dimenticate, il bello è che ciò nonostante rimangono in testa.
Nella sua testa ora c’erano solo la rabbia e questo sciocco vuoto da dove premeva il dolore.
Credo ci fosse un motivo per cui nell’anno di Gates Falls del 1966 fui eletto Clown del corso. Sbattei i tacchi ed eseguii un discreto saluto in stile inglese, di quelli con il palmo della mano totalmente rovesciato in avanti. “Signorsì, signore! ” esclamai. Ci furono una risata nervosa da parte degli spettatori, un verso gruttuale di Ronnie, un sogghigno da parte di Skip. Quest’ultimo guardò Dearie stringendosi nelle spalle, inarcando le sopracciglia e aprendo le braccia. Vedi come va a finire, diceva il suo gesto. Comportati da coglione e da coglione ti tratteranno. Nell’eloquenza, ritengo, la perfezione si raggiunge quasi sempre senza parole.Dearie guardò Skip, anche lui senza parole. Poi guardò me. Sul suo viso non c’era espressione, era quasi il volto di un cadavere, ma io rimpiansi di non aver una volta tanto tenuto per me la smargiassata. Il guaio è, per lo smargiasso nato, che nove volte su dieci il suo impulso ha già trovato sfogo prima che il cervello abbia avuto il tempo naturale anche solo di cominciare ad interporsi. Scommetto che ai tempi dell’altro ieri, quando erano intrepidi i cavalieri, più di un giullare di corte fosse finito appeso per le palle. Non è cosa che si legga in Mort d’Arthur, ma sono convinto che sia vero: vedi se ti fa ridere questa, pagliaccio del cazzo. In tutti i casi sapevo di essermi appena fatto un nemico.
Tesoro, sai come si dice: bisogna baciare molti rospi prima di trovare il principe.
Io non mi voglio più piegare, ho voglia di rivoluzione.Mi metterò ad impastare questo mondo. […]Andrà tutto a meraviglia.E io non passerò più le notti a guardare questo soffitto.Quante volte mi ha tenuto compagnia…Quanti sogni ci ho appiccicato…Stanno lì, appesi, aspettando che qualcuno li raccolga.E io non so quali sono i tempi della maturazione.Le olive si raccolgono a novembre, l’uva a settembre. E i miei sogni? Non lo so…Forse ho seminato male, forse non c’è stato abbastanza sole, però è tanto che aspetto e non cresce niente.L’albero dei Sogni non vuole dare frutti…
La sorpresa di non sedermi accanto, di sedermi e basta, di parlar agli altri e non guardarla mentre mi ascoltava, la sorpresa di parlare e basta, e tutto il resto del da farsi senza una sua parola, il da farsi e basta, mi faceva sbandare, la sorpresa.
Ecco perché ero là. Ecco perché ero pronta ad affrontare qualunque accoglienza, al mio rientro. Perché, dietro alla rabbia e al sarcasmo, Jacob soffriva. Ormai glielo leggevo negli occhi. Non sapevo come aiutarlo, ma sapevo di doverci provare. Era il minimo che potessi fare per lui. Perché mi sentivo colpita dal suo stesso dolore. Jacob era diventato parte di me, ormai era impossibile tornare indietro.