Anton Cechov – Morte
La morte non vuole gli stupidi.
La morte non vuole gli stupidi.
Per me la morte significa ben poco. È l’ultimo scherzo in una serie di brutti scherzi.
Dopo la morte non esisteremo più come soggetti, e, proprio per questo non troveremo il tempo e lo spazio come li conosciamo.
E quando io volgo intorno lo sguardo e vedo questa camera, e gli abiti di Carlotta e le carte di Alberto, e i mobili che mi sono familiari, e perfino il calamaio, penso: “Tu immagini di esser tutto per questa casa! I tuoi amici ti apprezzano; spesso tu procuri loro la gioia e pensi che non potresti vivere senza di loro, eppure se tu te n’andassi, se tu scomparissi dalla loro cerchia? Sentirebbero, e per quanto tempo sentirebbero il vuoto che la tua perdita lascerebbe nella loro esistenza? Per quanto tempo? L’uomo è così effimero che anche lì dove più sicura è la sua esistenza, dove egli imprime l’unica vera traccia della sua presenza e cioè nel ricordo, nell’anima dei suoi amici, anche lì deve annientarsi e sparire, prontamente sparire!”
La realtà che percepiamo è ricostruita attraverso sinapsi; quando qualcuno per noi importante viene a mancare in realtà occuperà per sempre quel posto nel nostro cuore.
Da ogni altra cosa è possibile metterci al sicuro, ma rispetto alla morte noi tutti abitiamo una città senza mura.
Fino al giorno della morte, nessuno può esere sicuro del proprio coraggio.