Marguerite Yourcenar – Morte
La meditazione della morte non insegna a morire.
La meditazione della morte non insegna a morire.
C’è un gioco sottile nel risveglio. Una fase in cui la morte ti corteggia, lusingandoti, per protrarre il sonno e convincerti a non svegliarti mai più. La morte ha la prima mano. Ti presenta caleidoscopicamente ciò che ti attende non appena avrai aperto gli occhi. Di che sudare freddo in un letto caldo. Poi, ti fa una controproposta: ti invita a tenere gli occhi chiusi, come se tu fossi il testimone di un imminente delitto mafioso. Quindi, gioca la carta del torpore: un asso pigliatutto che si porta via i tuoi progetti per il passato, ramazza l’angoscia di un presente onnipresente come Dio, ti assicura che nel futuro, per tua fortuna, non ci sarai.
Dopo aver pianto, dopo aver sofferto, non tutti i dolori scompaiono, ma si creano uno spazio nel cuore e affiorano ogni volta che ti penso.
La morte di cui si dovrebbe aver paura non è quella del corpo, ma quella della memoria.
Una persona non muore quando dovrebbe, ma quando può.
La morte è il più grosso sentimento di delusione che la vita in un secondo regala ai vivi.
L’uomo dovrebbe essere tumulato nella propria cantina. È lì che dimora la sua storia.