Roberto Gervaso – Morte
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
Chi ha paura della morte non vive serenamente… la morte è solo un passaggio… e per chi vive al meglio, con senso civico, morale e un po’ di altruismo, la morte è la fine di un’esperienza bellissima… chi invece non vive sereno, chi disprezza, chi invidia, chi fa del male: beh, muore tutti i giorni…
Ricordo mio nonno, un contadino: quando gli chiedevo “Cosa fai, nonno?”, rispondeva “aspetto la morte”. Per me non era mai una risposta tragica perché per lui aspettare la morte significava attrezzarsi, nell’ultima parte della vita, ad affrontarla con tutte le armi dell’uomo (lo scherno, l’ironia, la tristezza, l’amicizia, l’amore), ma mai ad esorcizzarla. Noi invece la dobbiamo esorcizzare con i nostri “gesti segreti” perché crediamo solo nei fatti. E di fronte al “fatto della morte”, che non si può controllare perché si è “assenti” nei riguardi di esso, possiamo solo fare scongiuri o “dare i numeri”.
Tutto ciò che scorre è vita, l’immobile è morte.
L’ambizione s’ammanta d’ideali per nascondere la propria mancanza di scrupoli.
Dopo la morte dello scrittore, leggere il suo diario è come ricevere una lunga lettera.
La morte. La più temuta delle pene, la più sicura delle mete.