Francesca Alleva – Nemico
Quando una persona inizia a trattarmi gentilmente io inizio a chiedermi se sta facendo come con il tacchino di Natale: ingozzarlo per poi ucciderlo. E mangiarlo. Con tutto ciò che mi ha donato e che di mio ho dentro.
Quando una persona inizia a trattarmi gentilmente io inizio a chiedermi se sta facendo come con il tacchino di Natale: ingozzarlo per poi ucciderlo. E mangiarlo. Con tutto ciò che mi ha donato e che di mio ho dentro.
Potrei anch’io recitare la parte dell’infame ma… è troppo divertente vedere gli infami rimbalzare sul muro della mia onestà e serenità.
Ho una buona memoria, mi ricordo gli amici quelli veri, quelli che ho sempre avuto vicino quando ne avevo bisogno, ma mi ricordo anche tutte quelle persone che hanno avuto due facce e che mi hanno fatto del male, e quando la memoria non fallisce il perdono è difficile.
L’educazione è l’arma più potente che può cambiare il mondo.
E poi ci sono io, no? Che soffro tanto e cerco di non darlo a vedere. Che sopporto. Che sto in equilibrio precario, sempre e comunque e dovunque. Senza tregua. Sto in equilibrio perché la razionalità è l’unica cosa che mi salva. E quando poi questa viene a mancare… addio. Perdo il controllo. Le emozioni sono la mia rovina. Le ricerco per poi evitarle. Le vivo appieno e le metto su una mensola come ricordo. Razionalità, sempre. A su a. B su b. Quadrata. Cubica. È quando le cose non sono razionali che scappo, lontano. Che ribalto il tavolo. Che sbatto le porte. Stacco la spina. Buio. Silenzio. Ricominciamo. E poi ci sono io.
La sua solitudine era la peggiore di tutte. Non solo non sapeva tenersi accanto le persone, non sapeva nemmeno conceder loro un buon addio. Era una persona sola anche nei ricordi.
Dicono che quando qualcuno ti spezza il cuore l’unica cosa che puoi fare è prenderne le schegge e rimetterle insieme per ricominciare. Io mi sa che prima di farlo le prendo e te le tiro tutte negli occhi. Ad una ad una.