Stefano Gentilini – Stati d’Animo
Non è sempre una lama che può farti sanguinare, la fragilità può graffiarti il viso quando posi la tua maschera che usi per nasconderti da te stesso.
Non è sempre una lama che può farti sanguinare, la fragilità può graffiarti il viso quando posi la tua maschera che usi per nasconderti da te stesso.
Ho curvato ogni mia parte, intenzione, sogno perché aderissero ai tuoi palmi. Ho misurato le parallele di strade tutte uguali e contato i passi nei vicoli, ho girato gli angoli e tracciato le perpendicolari. Non ho avuto soluzioni, ma ho fatto scorta di alternative, ho creduto nel caotico caso e nell’anima a soqquadro. Ho ascoltato le parole che non mi hai detto e le tue lacrime di certi umori storti. Un’esitazione o due. Tre parole o quattro. Sono rimasta clandestina e sequestrata. Incespico ancora tra le cose guaste e poche, tra le mezze allusioni che sono valse più dei discorsi interi. Nell’incertezza tra scomparire e rimanere, ho tolto luci e definizioni, lasciando i calchi alla penombra in uno spiraglio frastagliato di impressioni accennate. Rifletto le mani sulle pareti, gioco con le forme, racchiudendo nuvole nella stanza vuota. Un cielo col tetto a volta e l’aria che sa d’intonaco non più fresco. Anche l’attesa ha avuto un contrattempo. Ho scritto molto sui fogli raccattati da chi li accartocciava per distruggerti e ho ripreso tutte le tue parole per farle mie, scrivendo un rigo sopra e aggiungendo dell’altro spazio bianco perché tu continuassi con l’inchiostro e il tempo nuovo. Ho dimenticato do mettere a posto i fogli. E le finestre si aprono sempre all’improvviso. Ora lo so.
Sono ricco o povero, ho tutto o non ho nulla. Sono semplicemente me stesso, uno che si nutre di emozioni: quelle cariche di sentimenti, quelle che nascono dal cuore.
Mi aggrappo alle parole, a tutte: quelle scritte, cantate, dette, urlate, tenute dentro, in silenzio. Le ascolto tutte e quando vedo che volano via con il vento, vola via anche il mio sorriso. Mi aggrappo alle persone, a quelle che amo: dipendo da loro nel modo più sbagliato possibile e quando mancano, manco anche io. Mi aggrappo ai sogni, quelli lontani, così lontani che, a furia di rincorrerli, cado per strada, mi fermo e faccio fatica a ripartire. Mi aggrappo alla speranza, quella che non muore mai perché, se muore essa, muoio un po’ anche io.
Siamo navigatori della vita e seguiamo la rotta del nostro cuore.
Capisci di esserti legato davvero ad un posto e alle persone nel momento in cui non sai più distinguere quand’è che stai partendo e quando invece stai ritornando.
Tutte le volte che mi affaccio tra i miei pensieri mi sento un perfetto estraneo.