Annamaria Crugliano – Tristezza
Sarà per la prima volta che io chiuderò gli stessi occhi con cui ti guardavo e ti amavo per non vedere più i tuoi.
Sarà per la prima volta che io chiuderò gli stessi occhi con cui ti guardavo e ti amavo per non vedere più i tuoi.
Con gli occhi lucidi, gonfi di lacrime, com’erano stati tante altre volte in quei mesi, con la testa bassa e con la paura di dirsi addio, erano lì, l’uno di fronte all’altra. Avevano sempre provato a tenere lontana quella scena, a fingere che non sarebbe mai arrivato quel momento.
Spesso nel dolore si allontanano tutti e ci si ritrova da soli. Ma se allunghiamo la mano per dare sono tutti pronti a ricevere e te li ritrovi subito intorno.
Era un incubo oppure un sogno… io ero pazza però lui mi amava.
Chissà se anche la luna nel suo totale gelo può piangere.
Le poche sterili parole della nostra epoca vengono strappate dolorosamente al silenzio. Abbiamo cominciato a tacere da ragazzi, a tavola, di fronte ai nostri genitori. Noi stavamo zitti per protesta e per sdegno. Eravamo ricchi del nostro silenzio. Adesso ne siamo vergognosi e disperati e ne conosciamo tutta la miseria, ma il silenzio può essere universale e profondo. Il silenzio può raggiungere una forma di infelicità chiusa, mostruosa, avvizzire i giorni della giovinezza, fare amaro il pane. Può portare alla morte. Perché il silenzio è un peccato un peccato comune a tanti nostri simili nella nostra epoca, è il frutto amaro della nostra epoca malsana.
Quando il rumore del dolore viene udito solo da chi lo prova, diventa disperazione.