Antichi aforismi

Platone – Antichi aforismi

Io non so quale sia, o cittadini ateniesi, l’impressione che avete provato nel sentire i miei accusatori. Infatti, per poco anch’io non mi dimenticavo di me stesso, così convincente era il modo in cui parlavano. Eppure di vero, per dirla in breve, non hanno detto proprio nulla. Soprattutto una delle molte menzogne che hanno detto mi ha meravigliato, ossia quando hanno affermato che voi dovevate essere circospetti in modo da non lasciarvi ingannare da me, in quanto sono straordinario nel parlare. E che non provassero vergogna dal momento che io li avrei subito confutati nei fatti, non appena vi sarei apparso essere tutt’altro che straordinario nel parlare, questa mi è sembrata la cosa più vergognosa da parte loro. A meno che non chiamino straordinario nel parlare colui che dice la verità. Infatti, se è questo che intendono, allora potrei ammettere io pure di essere un oratore, ma non come intendono loro. Costoro, dunque, come vi ripeto, hanno detto di vero poco o niente. Invece da me voi udrete tutta quanta la verità.Però, per Zeus, o cittadini ateniesi, voi non ascolterete da me discorsi ornati con belle frasi e con belle parole, come quelli di costoro e neanche ben ordinati. Udrete, invece, cose dette un po’ a caso con le parole che mi capitano. Infatti, sono convinto che sia giusto quanto affermo.E nessuno di voi si attenda altro da me.

Eschilo – Antichi aforismi

PrometeoLà! Chi vedo. Lui, il corridore di Zeus, braccio destro del despota, appena arrivato. Senz’altro è qui a riferire fresche notizie.ErmesEhi, pozzo di scienza, testardo intestardito, l’hai fatta grossa agli dèi: passare i poteri a chi tramonta in un giorno! Ladro di fuoco, dico a te. Zeus padre comanda: indica di che nozze ti glori, per mano di chi deve cadere il suo impero. E aggiunge: senza giri viziosi, ma svelando fatto per fatto. Non infliggermi doppio cammino, Prometeo. Non è modo, lo vedi, per fare più morbido Zeus.PrometeoDiscorso sublime, davvero. Si sente, mente superba, la tua: da sgherro di dèi. Siete di oggi. Di oggi è il vostro dominio: illusi di vivere in torri sbarrate all’angoscia. Non sono già due i sovrani piombati dall’alto? Coi miei occhi li ho visti. Un lampo, e vedrò anche il terzo, quello che è ora monarca: più umiliato che mai.Rabbrividire, io, acquattarmi di fronte a quei giovani dèi? Ti par proprio? Ne manca, anzi, non sarà mai. Tu riprendi la tua strada, spicciati: da me non udrai parola, di quello che chiedi.ErmesGià una volta, per amore caparbio di te, t’incagliasti tra questi tormenti.PrometeoIl tuo stare a servizio, il mio sacrificio: non farei cambio mai, imparalo bene.ErmesGià, meglio il servizio a questa tua roccia, che esser portavoce docile di Zeus padre, immagino.PrometeoPeccatori superbi così peccano, superbamente!ErmesTi scaldi, mi pare, al pensiero di quello che sei.PrometeoIo, scaldarmi? Vedessi caldo così chi mi odia. Nel numero metto anche te.ErmesIo? Addossi anche a me la disgrazia che soffri?PrometeoSemplice. Sono carico d’odio contro gli dèi, tutti. Gente che mi deve favori e invece, tradendo, m’offende.ErmesSento che ormai deliri: una febbre non passeggera.PrometeoFebbre, delirio? Se è delirio esecrare chi t’odia.ErmesImpossibile reggerti, se fossi tu il fortunato.PrometeoAaah, che miseria!ErmesEcco parola che Zeus neppure conosce.PrometeoIl tempo, quel vecchio perenne, insegna di tutto, alla fine.ErmesTu ancora però non conosci equilibrio di mente.PrometeoPurtroppo: non starei a parlare con te, sgherro.ErmesNulla hai da dire, vedo, alle richieste del Padre.PrometeoAl contrario. Che gli sono obbligato, e vorrei ricambiarlo.ErmesTi beffi. Per bimbo immaturo m’hai preso.PrometeoPeggio. Peggio di un bimbo immaturo, più demente, se t’illudi di cavarmi parola di bocca. Zeus non possiede né infamia, né scaltra tortura, da piegarmi a svelare le cose: prima deve farmi cadere di dosso l’offesa dei nodi. Che risponda sferrando vampa infuocata. Sfasci, agiti il cosmo con piume lucenti di neve, coi boati d’abisso. Nulla mi farà inginocchiare, a svelargli la mano capace di gettarlo giù dall’impero.