Cesare Pavese – Lavoro
Lavorare stanca.
Lavorare stanca.
Non fidarti delle donne quando ammettono il male.
Il clown del circo ci fa ridere, il comico di Arcore ci fa piangere.
– Non posso fare altrimenti – rispose Levin. – Tu fà uno sforzo e mettiti dal punto di vista di un campagnolo come me. Noi, in campagna, facciamo di avere le mani adatte a lavorare: perciò ci tagliamo le unghie e, a volte, anche ci rimbocchiamo le maniche. Qui invece si fanno crescere le unghie più lunghe che possono e si attaccano ai polsini dei bottoni che paiono piatti per non poter fare nulla con le mani.- Questo vuol dire che non si ha bisogno di fare lavori manuali. Si lavora col cervello…- Forse. Ma tuttavia mi sembra strano, come mi sembra strano che mentre noi campagnoli facciamo di tutto per abbreviare i nostri pasti e poter tornare subito al lavoro, qui tu ed io facciamo di tutto per allungare il pranzo e mangiar molti piatti senza saziarci. Perciò mangiamo le ostriche…- Già, naturalmente – replicò Stepan – ma questo è lo scopo della civiltà: far di ogni cosa un piacere.- Se questo è lo scopo della civiltà, preferisco restare un selvaggio.
L’uomo d’azione non è l’ignorante che si butta allo sbaraglio dimenticandosi, ma l’uomo che ritrova nella pratica le cose che sa.
Sappi, lavoratore sciocco, che non sono le tue braccia ad interessare il padrone bensì il tuo cervello.
La vita non è forse più bella perché da un momento all’altro si può perderla?