Daniele Tortorella – Tempi Moderni
Mi chiedo a cosa servono le parole, se poi non siamo mai creduti o addirittura presi per pazzi. Tanto vale scrivere un messaggio almeno occhi non vedono e cuore non duole.
Mi chiedo a cosa servono le parole, se poi non siamo mai creduti o addirittura presi per pazzi. Tanto vale scrivere un messaggio almeno occhi non vedono e cuore non duole.
Se si carezzassero i cuori come si sfiorano i tasti dei cellulari, sembrerebbe un mondo migliore.
“Paesaggire”, capire ciò che ci circonda.
Un tempo si scattavano fotografie per immortalare momenti importanti: un bacio, un abbraccio, erano momenti catturati per avere un ricordo con cui piangere, ricordare, rimpiangere. Oggi si scattano foto per metterle su Facebook al fine di dimostrare qualcosa a qualcuno. Un tempo vedevi una persona e te ne innamoravi, ti innamoravi del suo sguardo, del suo modo di parlare, di muoversi, di sorridere, e stavi giorni, settimane o mesi a pensare a come poterti dichiarare a quella persona così importante ma così irraggiungibile. Oggi invece vedi una bella ragazza, l’aggiungi su Facebook, ci chatti, le dici qualcosa di carino, ti ci vedi e voilà inizia il giro interminabile di foto, tag e roba varia. Sembriamo tutti articoli di un catalogo chiamato Facebook. Tutto ciò inizia a non piacermi. Facebook rovina la spontaneità dei sentimenti!
Cartesio diceva: “Penso dunque sono”, con internet siamo passati a: “penso dunque condivido” e infine con Facebook: condivido dunque non ho bisogno di pensare. Si chiama (d)evoluzione.
Lezione universitaria: un gruppo di persone che sta a fissare la proiezione di diapositive finché non cessa tutta l’attività elettrochimica del cervello; a quel punto si affrontano gli esami.
I nostri politici amano molto cinguettare su twitter. Molti italiani sognano che i twitter siano una specie di alberi e vorrebbero armarsi di doppiette e diventare cacciatori.