Eugene Levine – Morte
Siamo tutti degli uomini morti in licenza.
Siamo tutti degli uomini morti in licenza.
Quando me ne andrò da questo penoso mondo lascerò sicuramente un segno di me: qualcosa per cui maledirmi, qualcosa per cui odiarmi, qualcosa per cui cancellarmi dalla mente. Ti lascerò la verità da ricordare e la tua coda di paglia da temere.
Il primo segnale dell’inizio della comprensione si manifesta con il desiderio di morire.
“Allora ascolta”, disse poi, cercando di placare il battito del cuore premendosi le mani sul seno. “Lo scuotitore della Terra ha sconfitto Apollo e sconfiggerà la città. Sentiremo la furia dell’Enosigeo più di quanto sia mai avvenuto. Non si salverà un muro, una casa, una porta, neppure la reggia”.
La notte-morte, che ci fa così paura, non è altro che una tenda pronta ad alzarsi per rivelare la luce del mattino; quello che ci sembra un furto di luce si rivela in realtà un lascito di luce più splendida e perenne. E così la morte diventa soltanto un’estatica rivelazione dell’immortalità.
Perché dicono: prima o poi si deve morire? Quel si deve a me non piace! Perché io alla vita ci sono affezionato.
Non bisogna aver paura della morte ma solo della vita non goduta. Allora non ci resta che vivere… vivere quel poco che abbiamo.