Francesco Guccini – Vita
…e capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo essere uomini; e che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro cioè vivere…
…e capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo essere uomini; e che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro cioè vivere…
Se il tempo è astratto, perché le persone dicono di non avere “il tempo materiale”? Come se qualcuno lo avesse.
Nessuno è intoccabile al giudizio della gente. Come giudichi tu ti giudicheranno gli altri, ma c’è una sottile differenza che pochi conoscono, ed è quella che passa tra un “giudizio” e una semplice “opinione”!
Lo so! Sono abbastanza scomoda per molti di voi, allora restatevene comodamente nella vostra vita, senza scomodarvi mai più di interferire nella mia, perché conosco la differenza tra il bene e il male.
Piano piano stanno cadendo le barriere e tutte le mie teorie vanno a sgretolarsi… lentamente. Forse qualcosa rinascerà dalle ceneri di quella che è stata un’esistenza, dilaniata da mille domande e da non so quante colpevolizzazioni. Pian piano si fa luce in quel tunnel interminabile, fatto di buio e silenzio. Torneranno le lacrime nei miei occhi, ma stavolta dopo tanto tempo, saranno liberatorie. La vita è troppo breve per perdere “l’attimo fuggente”, io l’ho scoperto solo adesso!
L’uomo è quello che da sé stesso si è forse precipitato nell’abisso delle miserie ove egli geme. I selvaggi che noi vedemmo non vivono male fra loro, ed i selvaggi che vivono sparsi ad uno ad uno nei boschi, e non campano che di ghiande e d’erbe, son certamente più felici ancora. Dalla società son nati i più gravi delitti. Vi sono uomini nella società che son costretti, per ragion di stato, a desiderare la morte degli uomini. Il naufragio d’un vascello, l’incendio d’una casa, la perdita d’una battaglia, inducono alla mestizia una parte della società, e spargono la gioia in un’altra. Tutto va molto male, mio caro Cacambo, e non v’è per il saggio altro partito da prendere che di tagliarsi la gola più delicatamente che sia possibile…
Mondi lontani, come sogni dispersi nei cuori della gente che, ormai, non crede più al futuro.