Nicola Dell’Aquila – Frasi sulla Natura
Di notte le onde sulla risacca si placano baciando dolcemente la riva, e al mattino sono ancora un turbinio di passione, come due anime che si rincorrono nella poesia dei sensi.
Di notte le onde sulla risacca si placano baciando dolcemente la riva, e al mattino sono ancora un turbinio di passione, come due anime che si rincorrono nella poesia dei sensi.
Nessuna conchiglia può darti il suono del mare se prima non è stata immersa in esso.
Il contatto con la natura fa capire come può essere grande l’anima che si apre ad essa, colmandosi d’immenso.
Il prato il tuo pavimento, il cielo il tuo tetto.
Quando arriva la notte è tutto più magico, le stelle brillano e tu rimani incantato, la luna ti guarda con occhi fissi come se volesse comunicarti qualcosa. Non siamo poi così soli, la natura ci osserva e noi la osserviamo con stupore. Chissà cosa pensa lei di noi, ognuno di noi ha con lei un rapporto favoloso. L’aria fresca ti accarezza dolcemente il viso, fin quando non albeggia il sole, riscaldandoti soavemente lungo tutto il corpo.
Alla fine di ogni diluvio, nubifragio o tempesta, le rane escono a fior d’acqua per fare festa.
Se ami una rosa, devi essere disposto a pungerti. Non ci sono rose senza spine.
La montagna ti offre se stessa, tu ricordati di inchinarti ad essa perché davanti al suo cospetto la tua classe sociale si annulla, la tua altezza diventa minima e il tuo ego si perde nel suo silenzio.
Le montagne sono quei luoghi dove Dio ha ritratto le sue dita quando ha finito d’impastare il mondo.
I fiori sono opere d’arte, autentici capolavori firmati dalla natura.
Ogni giorno la natura danza insieme a noi con la sua musica e i suoi profumi, e noi ce ne accorgiamo solo quando spira forte il vento.
I mari e i deserti sanno ingannarci: i loro fianchi sfuggono sempre alla nostra vista.
In una semplice goccia d’acqua, tremula su una foglia, si specchia l’infinito iridato dall’arcobaleno in mille sfaccettature.Cogli la bellezza dopo la tempesta.
Come i girasoli, voltiamoci verso la luce e saremo illuminati.
Mi piace ascoltare il fruscio dei rami degli alberi, ammirare il loro sfiorarsi, con il loro continuo movimento passano molto tempo ad accarezzarsi.
Primavera: i fiori sbocciano, e noi appassiamo.
Chissà cosa sente la foglia che si stacca dal ramo, benché le sue nervature apparissero salde nell’innesto, invece, guardarsi morire la speranza del verde ed arrivare alla secchezza dell’arido, inquietante, malaticcio giallognolo e tentennare nella sospensione del refolo che, sadico, pone in prospettiva lo schianto, ma perpetua il senso del precipitare nella stasi della vertigine. Aspiriamo al nitore degli approdi, delle definizioni perentorie dei verbi nella coniugazione d’un passato prossimo che ci faccia chiudere gli occhi in segno di rassegnazione, evitando il gerundio della paura. Sta cadendo.