Manuel Cappello – Sogno
Datemi una preghiera, datemi un ricordo, datemi lo skype dell’ufficio dei sogni. L’occhio già mi pesa, e di loro ancor non vedo i segni dell’arrivo.
Datemi una preghiera, datemi un ricordo, datemi lo skype dell’ufficio dei sogni. L’occhio già mi pesa, e di loro ancor non vedo i segni dell’arrivo.
Il calcolo sul futuro è un vento spietato, che spazza la sabbia dalla pietra essenziale. Ci fa mangiare perché bisogna, non per golosità.
I sogni ottenuti con l’omicidio e la parzialità si trasformano presto in incubi. Si passa la metà del tempo a giustificare il crimine pensando di godersi una conquista e l’altra metà a cercare di difenderlo.
Io allevo tarli nel cassetto affinché i miei sogni possano venirne fuori.
I sogni appartengono solamente a coloro che hanno la volontà di realizzarli.
Tu eri rapido, Morar, come un capriolo sulla roccia, terribile come una fiamma notturna nel cielo. La tua collera era una tempesta, la tua spada nella battaglia, un lampo sulla landa. La tua voce sembrava il torrente dopo la pioggia, il tuono grondante tra le montagne. Molti caddero sotto il tuo braccio; la fiamma della sua ira li consumò. Ma quando tu ritornavi dal combattimento, com’era calma la tua fronte! Il tuo viso era come il sole dopo la tempesta, come la luna nella notte silenziosa; il tuo seno era tranquillo come il lago quando è cessato il rumore del vento.
È in questi momenti che ti ascolto di più, anima. Mi lascio trasportare dalle emozioni che solo tu provi, cuore. E la notte fa il suo corso, cerco nel silenzio la quiete di un sogno, la pace che troppe volte non trovo nel giorni miei.