Maria Pia Isgrò – Vita
Ho imparato nella vita che la nostra felicità dipende dagli altri!
Ho imparato nella vita che la nostra felicità dipende dagli altri!
Verrà il tempo della nostra ricompensa, quel tempo in cui riceveremo qualcosa pari ad almeno una parte di quello che avremo dato. Verrà il tempo in cui i pochi alberi rimasti diventeranno abbastanza giganti da soffocare sotto le proprie braccia le case di chi ha solo da guadagnare. Verrà il tempo in cui potremo cantare in ogni parte del mondo le melodie dei nostri cuori e delle nostre immense gioie. Verrà il tempo in cui le bolle di sapone conteranno più di inutili pezzi di metallo per i quali “l’uomo” ha fondato una religione. Verrà il tempo in cui ameremo le nostre diversità e quelle degli altri.
Tra vivere e funzionare preferisco funzionare, fa soffrire meno di vivere.
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente, e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che. Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto.
È tutta una danza confusa dove nessun movimento ha un proprio tempo, ci si muove perché si deve, perché si sa, sappiamo, che se ci si ferma è impossibile andare avanti. Non riusciremo mai ad azzeccare il tempo giusto, il ritmo scorrerà mentre noi, stanchi, cercheremo di stargli dietro. È tutto troppo veloce ed il tempo non si ferma,, la musica si alza e si abbassa e non si può far altro che seguirne il vortice sperando di arrivare prima o poi alla fine della canzone, dove tutto, si spera, andrà meglio. Dove “questa cosa” avrà una definizione, un modo per chiamarla, e non sarà solo qualcosa che esiste ma è precaria. Non sarà più appesa ad un filo, quando la musica si spegnerà tutto avrà un posto giusto in cui stare, un tempo in cui ballare e il proprio ritmo da seguire.
E la maggior parte si arrende alla pronuncia di un “se fosse facile” e non prova ad avanzare nel silenzio di un “nonostante tutto sia difficile finché respiro ce la posso fare”.
Il mondo!? Più lo guardo nel modo giusto e più mi rendo conto di quanto giri storto.