Mariella Buscemi – Felicità
Bisogna raggiungere la felicità a turno, sennò ognuno sarà impegnato nella propria festa per poter anche partecipare a quella dell’altro.
Bisogna raggiungere la felicità a turno, sennò ognuno sarà impegnato nella propria festa per poter anche partecipare a quella dell’altro.
L’uomo diventa le donne che frequenta.
Ho imparato che quando si realizza mentalmente il bisogno che qualcuno possa prendersi cura di noi, si stipula un patto con la debolezza, con l’umana voglia di lasciarsi andare, ciò può essere letale. Più che qualcuno mi curi, avrei voglia di incontrare qualcuno con le mie stesse ferite, così da leccarcele a vicenda, così da assaporarci nei vissuti, nel dolore, così da capirci con intesa e complicità, un solo sguardo, tanto da non doversi dolere o vergognare degli scempi inscritti nella memoria fino a rendere nudi i ricordi e mostrarli nella loro deformità e di modo che ciascuno dei due, reduce alla stessa maniera, possa non farsi beffa dell’altro.
Nella propria vita, come nella vita di ognuno, basta un attimo per cambiare destinazione, per essere felici, per avere una terribile disgrazia. Ma affinché tutto, possa essere metabolizzato, dobbiamo avere una travolgente speranza.
Si finisce sempre per voler cambiare l’altro. Poi, a cambiamento avvenuto, ci si accorge che il prodotto non piace perché diverso dall’origine che ci aveva attratto!
La felicità è come l’acqua in un pugno: si consuma presto, e se tenti di stringerlo, scappa via da tutte le parti.
Guardando attraverso i fragili vetri delle mie illusioni, vedevo l’ombra della felicità.