Michelangelo Da Pisa – Stati d’Animo
Dire a qualcuno “non pensarci” sortisce lo stesso effetto dello scrivere “non aprire” su un elegante cofanetto.
Dire a qualcuno “non pensarci” sortisce lo stesso effetto dello scrivere “non aprire” su un elegante cofanetto.
Anche dopo le giornate più difficili, ogni tensione si stempera nella quiete della notte. Il buio appaga il mio desiderio di pace.
“La fortuna ogni individuo nell’arco della propria vita se la crea”. Si attribuisce la fortuna ad un valore monetario ma non si analizza bene, che di fondo la fortuna non ha alcun valore è solo l’entità che ti permette di raggiungere quei traguardi fino a prima insperati, traguardi che ti permettono poi di stabilire il vero valore.
Mi piacerebbe che qualcuno, al posto di un semplice: “Ti vanno due chiacchiere?”. Mi dicesse soltanto: “Ti va un abbraccio?”, e che lo faccia senza attendere una mia risposta.
Reggo così bene il peso delle mie infelicità che non potrò mai essere una vera infelice.
Forse oggi non è il mio uno stato supremo di serenità, ma di certo è l’inizio del percorso per arrivare alla serenità.
Ho curvato ogni mia parte, intenzione, sogno perché aderissero ai tuoi palmi. Ho misurato le parallele di strade tutte uguali e contato i passi nei vicoli, ho girato gli angoli e tracciato le perpendicolari. Non ho avuto soluzioni, ma ho fatto scorta di alternative, ho creduto nel caotico caso e nell’anima a soqquadro. Ho ascoltato le parole che non mi hai detto e le tue lacrime di certi umori storti. Un’esitazione o due. Tre parole o quattro. Sono rimasta clandestina e sequestrata. Incespico ancora tra le cose guaste e poche, tra le mezze allusioni che sono valse più dei discorsi interi. Nell’incertezza tra scomparire e rimanere, ho tolto luci e definizioni, lasciando i calchi alla penombra in uno spiraglio frastagliato di impressioni accennate. Rifletto le mani sulle pareti, gioco con le forme, racchiudendo nuvole nella stanza vuota. Un cielo col tetto a volta e l’aria che sa d’intonaco non più fresco. Anche l’attesa ha avuto un contrattempo. Ho scritto molto sui fogli raccattati da chi li accartocciava per distruggerti e ho ripreso tutte le tue parole per farle mie, scrivendo un rigo sopra e aggiungendo dell’altro spazio bianco perché tu continuassi con l’inchiostro e il tempo nuovo. Ho dimenticato do mettere a posto i fogli. E le finestre si aprono sempre all’improvviso. Ora lo so.