Alessandro D’Avenia – Vita
La vita è anarchia pura e l’istinto di sopravvivenza è l’unico ordine accettabile imposto al caos delle cose.
La vita è anarchia pura e l’istinto di sopravvivenza è l’unico ordine accettabile imposto al caos delle cose.
Quello che so è che cerchiamo la vita. Il nostro respiro non ci basta e vogliamo il respiro di un altro. Vogliamo respirare di più, vogliamo tutto il fiato di tutta la vita.
Tutti pensano che a renderci felici debba essere la vita, ma io una cosa l’ho capita: per essere felici serve solo coraggio.
Stai arrivando: vieni e stravolgimi la vita.
Beatrice è vino rosso. Mi ubriaca: io la amo.
Siamo fatti l’uno per l’altra. Io lo so. Lei no. Non sa di amarmi. Non ancora.
– Leuos: Bianco. Da questa deriva la parola italiana “luce.- Aima: Sangue. Da questa deriva la parola italiana “ematoma” (grumo di sangue).[Se metti insieme quelle due parole paurose, ne viene fuori una ancora più terribile: leucemia][Un nome che deriva dal greco e significa “sangue bianco”][Lo sapevo che il bianco è una fregatura. Come può il sangue essere bianco?][Il sangue è rosso e basta][Le lacrime sono salate e basta][Silvia me lo ha detto in lacrime]- Beatrice ha la leucemia.[E le sue lacrime sono diventate le mie]
Ci sono ragazze che ti fanno girare la testa per la loro bellezza. Beatrice mi pianta un mattone nello stomaco, un peso che devi portare, un peso dolce. Deve essere questo il segno del vero amore. Non semplicemente l’amore che ti fa girare la testa come una vertigine, ma l’amore che ti pianta al suolo come la gravità.
Gandalf è un uomo fatto di vento, hai l’impressione che possa volare via da un momento all’altro come un palloncino e ti chiedi come faccia a reggere orde di barbarici liceali.
“Una volta ho sognato una donna bellissima, vestita di un cappotto bianco. Mi guardava e sorrideva. Le ho chiesto:” Da dove viene la tua bellezza? “. e la donna mi ha risposto:” Un giorno piangevi e io mi sono strofinata il viso con le tue lacrime “. Andrà tutto bene, Margherita, andrà tutto bene…”
È come se lui fosse morto e rinascesse a contatto con quell’acqua. Finalmente libero, scopre di avere già tutto quello di cui ha bisogno.
“Dov’eri finita?””Da nessuna parte.””Da nessuna parte? E con chi eri?””Una compagna.””E chi è?””Marta.””Perché non mi hai risposto?””Non potevo.””Che vuol dire” non potevo “?””Ero alle prove teatrali.””Alle prove di che?””Non ho fatto niente di male.””E non potevi avvertirmi?””La mamma di Marta disegna e cuce costumi splendidi.””Perché non mi hai avvertito?””Non volevo che rovinassi tutto. Perché se n’è andato?””Non lo so.””Non lo sai? Nessuno sa mai niente!””Ho provato a chiamarlo… Nulla.””Dimmi la verità.””Non mi ama più.””E tu? Lo ami ancora?””Si.””Allora perché lo hai fatto andar via?””Non mi ha chiesto il permesso…””Non lo amavi abbastanza. Se uno ha un tesoro, non lo perde. Se lo tiene stretto a tutti i costi: è questione di vita o di morte.”
Perdo il controllo. Non so stare solo. Ho bisogno di… manco io so di cosa. Che rabbia! Ho un ipod in compenso. Eh sì, perché quando esci e sai che ti aspetta una giornata al sapore di asfalto polveroso a scuola e poi un tunnel di noia tra compiti, genitori e cane e poi di nuovo, fino a che morte non vi separi, solo la colonna sonora giusta può salvarti. Ti sbatti due auricolari nelle orecchie ed entri in un’altra dimensione. Entri nell’emozione del colore giusto.
Regalare il proprio dolore agli altri, è il più bell’atto di fiducia che si possa fare.
Tristezza, solitudine, rabbia. Quasi tutte le canzoni che mi piacciono ne parlano. Suonandole è come se affrontassi quei mostri, soprattutto quando non riesci neanche a dare loro un nome. Poi, però, finita la musica, quelle cose restano lì. Certo, magari adesso le sai riconoscere meglio, ma nessuno le ha magicamente spazzate via.
Se mi concentro sul mio corpo sento dolore, e se mi concentro sui miei pensieri sento ancora più dolore. Perché il dolore ha deciso di diventare il migliore amico?
Nessun abbraccio, nessun bacio, nessuna carezza, nessun amplesso era capace di guarire la ferita. Cerotti. Uno sopra l’altro, una montagna, su un taglio che non era mai stato pulito e disinfettato.