Elisabetta Barbara De Sanctis – Desiderio
Non capiva come fosse possibile, ma quel pensiero sapeva aprirle le cosce, bagnarla, senza ritegno beandosi avido di quel piacere che fluiva a lambirle le caviglie.
Non capiva come fosse possibile, ma quel pensiero sapeva aprirle le cosce, bagnarla, senza ritegno beandosi avido di quel piacere che fluiva a lambirle le caviglie.
È che io brucio. Brucio dentro.Un fuoco implacabilesenza voce né nomefalò di sogni e desiderilava mista di brace e umori.
A pochi è riservato il piacere di amarmi. A tutti gli altri concedo solo il privilegio di odiarmi.
Ho un vezzo: l’originalità. I cloni li lascio a chi ama i prodotti fatti in serie, che a copiare sono bravi tutti. L’originale resta sempre tale e più è imitato e più acquista valore. Io sono Io. Difetti compresi. Unicamente Me. Inimitabile.
Danzala questa vita. È senza coreografia, bisogna improvvisare. Ascolta le note nell’aria. Rialzati se cadi. Non è un provino. Si va in scena, è un atto unico, senza prove. Indossa il tuo abito più bello, un po’ di trucco, le scarpette, il tuo sorriso. E danza. Danza. Danza e continua a danzare.
Era bella vestita solo delle sue emozioni, così bella come non lo era stata mai.
È nella carne che nascondo l’anima.
Lo chiedo alla mia anima quale prezzo sia disposta a pagare per insinuarsi nella tua mente e nutrire ogni tuo pensiero. “Tutto ciò che ho. Me.”
Per scrivere bisogna avere l’anima intrisa un po’ di dolore. Non tanto, che poi ti soffoca e non riesci a venirne fuori. Appena appena. Quel tanto da averti spellato un po’ l’anima, a vivo, così ogni cosa non scivola, ma si assorbe, goccia a goccia. E a gocce lasci che venga fuori e ogni piccola ferita diventa cicatrice. Diventa amore.
La sensibilità è un dono. Un maledetto dono.
Tu, come inchiostro della mia penna, scivoli tra pensieri di carta, tracciando segni che marchiano il mio sentire di rosso vermiglio. Sensazioni. Odori. Presenza. Indelebile. La Tua.
Non è vero che chi entra nella mente, nell’anima, non ne esce più. Se è entrato, può anche uscire. La via è sempre la stessa. La porta è sempre quella. Lascerà qualche segno. Più o meno profondo. Segno più segno meno ormai non fa più molta differenza. Perché cicatrizzi va però tolta la causa del male, altrimenti infetta.
Nella notte un battito, il tuo, rimbomba incessante nel mio essere. Due tempi. Due parole: “ti voglio”. Assordano, vibrano, spaccano l’anima, lasciando scorrere la tua essenza nel mio sangue. E mi manca il fiato. Sentimi. Sono quel brivido, sotto pelle. Sono quel sussurro, che ti sfiora. Sono io. Sono tua.
Inventasti le fantasie. Poi creasti gli amanti, per poterle realizzare.
E saremo un’unica cosa, carne nella carne, anima nell’anima. E sarà sesso o sarà amore. O saremo semplicemente noi, oltre ogni definizione, al di là di ogni umana comprensione, senza alcuna certezza. Solo quell’attimo. Da creare. Da vivere.
Ed un tempo ella scriveva d’amore la penna intinta nell’anima a tracciare arabeschi sulla pelle diafana. Poi il freddo ha addensato l’inchiostro la pioggia ha lavato quei segni coltri di pensieri riparano il cuore. Tornerà primavera.
Giorni di sguardi sfiorati, di parole sussurrate, di brividi rubati.Notti di respiri densi, di voglie bagnate, di amplessi deliranti.Creature della notte, Noi.