Antonella Coletta – Abitudine
Ho un brutto vizio. Terribile. Di fidarmi ancora delle persone.
Ho un brutto vizio. Terribile. Di fidarmi ancora delle persone.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Alla prima bugia dovremmo scappare, evaporare. Invece restiamo, paladine dei grandi sentimenti che poi vanno a fanculo. Crocerossine di cuore spappolato. Il nostro. Alla prima bugia dovremmo rispondere con un pugno e voltare le spalle. Invece restiamo e perdoniamo. Perdoniamo sempre noi. Tranne noi stesse. Ma le storie che si basano su omissioni e menzogne, in quelle vi affondano.
Mi impongo di non abituarmi all’abitudine affinché ella non si “abitui” a me.
Non posso scoprirmi con tutti, ho un’anima da difendere, ed il cuore che ha pagato prezzi altissimi.
Più passa il tempo… e più mi accorgo che le persone sono false…Più passa il…
L’abitudine è un’eterna anestesia mortale.