Anonimo – Palindromi
Era poeta e di nome Semonide! Ateo pare!
Era poeta e di nome Semonide! Ateo pare!
È un’accusa che pesa come un macigno.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
L’uomo ama poco e spesso, la donna molto e raramente.
L’amore è come una bolla di sapone: troppo fragile per giocarci.
Il pesce fa bene alla memoria.
Il soffio fresco del vento sui miei capelli, le mie lacrime senza senso. Mi manchi ogni minuto, ogni attimo, vorrei che quel vento fosse il tuo respiro e quelle lacrime tuoi baci.