Edvania Paes – Stati d’Animo
Ho sempre difeso la mia razza, ma è un triste dolore perdere la fiducia nella umanità. Perché non tutti gli esseri “umani” appartengono alla mia razza.
Ho sempre difeso la mia razza, ma è un triste dolore perdere la fiducia nella umanità. Perché non tutti gli esseri “umani” appartengono alla mia razza.
La razza umana mi ha sempre disgustato. Ciò che, in sostanza, me la rende disgustosa è la malattia dei rapporti familiari, il che include il matrimonio, scambio di potere e aiuti, cosa che, come una piaga, come una lebbra, poi diviene: il tuo vicino di casa, il tuo quartiere, la tua contea, la tua patria… tutti quanti che s’abbracciano stronzamente gli uni agli altri, nell’alveare della sopravvivenza, per paura e stupidità animalesca.
Da tempo sono latitante, ma impegni pressanti governano il mio esiguo spazio. Non chiedetemi come vivo, ma per chi mai potrà essere il mio primo pensiero ed io vi risponderò: “Per mia moglie e i miei cari angeli che di amore mi hanno nutrito!” *.
Solo il sentire quell’odore salmastro nell’aria le raccontava la storia della sua vita, lo sguardo perso all’orizzonte, i piedi nudi sulla sabbia umida che ancora ricorda le carezze del mare, le dolci e forti tempeste del cuore. Tutto la faceva trasalire di emozioni, era come se l’anima volasse pur essendo ancorata a terra là dove i sogni si facevano pelle e brividi.
Ho sempre voluto essere una di quelle persone a cui non interessa il giudizio degli altri… ma non lo sono.
Ho incatenato la mia anima ad una vita che non m’appartiene. Ho condiviso lacrime e pene con la solitudine della notte. Ho varcato la soglia dell’indifferenza mentre il mondo precipitava in un oblio senza scampo. Ho sentito il cuore gelare ad ogni suo tocco. Ed ora ciò che mi circonda ha il sapore del vuoto.
Tutto è concesso. Niente è dovuto. Ed io faccio sempre di testa mia.