Edvania Paes – Stati d’Animo
Ho sempre difeso la mia razza, ma è un triste dolore perdere la fiducia nella umanità. Perché non tutti gli esseri “umani” appartengono alla mia razza.
Ho sempre difeso la mia razza, ma è un triste dolore perdere la fiducia nella umanità. Perché non tutti gli esseri “umani” appartengono alla mia razza.
Provai a registrare il silenzio, per poi riascoltarlo alla massima amplificazione, sperando che potesse sovrastare una musica ormai lontana.
Quando sono sotto la doccia piango pensando a te. Ogni volta che appari ai miei occhi io non voglio esserti amico, anzi vorrei essere molto di più. Per essere amico devo starti distante. Ogni volta che siamo vicini il mio cuore ti chiama e mi fa soffrire. Tu in me cerchi amicizia, io subisco il tuo volere. Soffro in silenzio, quando chiedi a me certe cose io rispondo sempre con sincerità e senza doppi fini. Ho sofferto troppo ed è ora di non soffrire più. Rinuncio all’esserti vicino fisicamente, ricordati che nel momento del bisogno per te ci sarò sempre.
Fatta di fiori e rami, ché la carne mi cade per strada a brandelli sotto i colpi della vita. Sono la mia natura selvaggia, la mia soglia matrigna, l’indisponente, l’odiato, lo scherno, l’invidia per braccia e gambe che gesticolano e camminano normalmente. Ho le stampelle attaccate agli occhi per non cadere difronte alle immagini mentali che proiettano ricordi e li introiettano ancor più, relegandoli su un letto antidecubito, ché troppe volte mi hanno lacerato, aprendo le piaghe nella membrana sottilissima di emozioni e memoria. Profumo d’essenza di fiori di loto e ninfee sul pelo d’acqua di stagno che genera muschio sulle pareti umide di archetipi immaginifici, astratti, confusi.
Alcune voci della notte possono causare profonde ferite. Arriva il giorno e le sana tutte.
Testarda, cocciuta, caparbia. Sono una di quelle donne che non si fermano davanti a nulla, una di quelle che cade migliaia di volte ma si rialza sempre, sono una di quelle donne che piange si dispera spacca tutto manda il mondo “affanculo…” poi asciuga le sue lacrime, lava il viso indossa un sorriso, alza i tacchi e va avanti nel mio vocabolario la parola “arrendersi non esiste”!
Non è facile essere ottimisti quando piove.
Provai a registrare il silenzio, per poi riascoltarlo alla massima amplificazione, sperando che potesse sovrastare una musica ormai lontana.
Quando sono sotto la doccia piango pensando a te. Ogni volta che appari ai miei occhi io non voglio esserti amico, anzi vorrei essere molto di più. Per essere amico devo starti distante. Ogni volta che siamo vicini il mio cuore ti chiama e mi fa soffrire. Tu in me cerchi amicizia, io subisco il tuo volere. Soffro in silenzio, quando chiedi a me certe cose io rispondo sempre con sincerità e senza doppi fini. Ho sofferto troppo ed è ora di non soffrire più. Rinuncio all’esserti vicino fisicamente, ricordati che nel momento del bisogno per te ci sarò sempre.
Fatta di fiori e rami, ché la carne mi cade per strada a brandelli sotto i colpi della vita. Sono la mia natura selvaggia, la mia soglia matrigna, l’indisponente, l’odiato, lo scherno, l’invidia per braccia e gambe che gesticolano e camminano normalmente. Ho le stampelle attaccate agli occhi per non cadere difronte alle immagini mentali che proiettano ricordi e li introiettano ancor più, relegandoli su un letto antidecubito, ché troppe volte mi hanno lacerato, aprendo le piaghe nella membrana sottilissima di emozioni e memoria. Profumo d’essenza di fiori di loto e ninfee sul pelo d’acqua di stagno che genera muschio sulle pareti umide di archetipi immaginifici, astratti, confusi.
Alcune voci della notte possono causare profonde ferite. Arriva il giorno e le sana tutte.
Testarda, cocciuta, caparbia. Sono una di quelle donne che non si fermano davanti a nulla, una di quelle che cade migliaia di volte ma si rialza sempre, sono una di quelle donne che piange si dispera spacca tutto manda il mondo “affanculo…” poi asciuga le sue lacrime, lava il viso indossa un sorriso, alza i tacchi e va avanti nel mio vocabolario la parola “arrendersi non esiste”!
Non è facile essere ottimisti quando piove.
Provai a registrare il silenzio, per poi riascoltarlo alla massima amplificazione, sperando che potesse sovrastare una musica ormai lontana.
Quando sono sotto la doccia piango pensando a te. Ogni volta che appari ai miei occhi io non voglio esserti amico, anzi vorrei essere molto di più. Per essere amico devo starti distante. Ogni volta che siamo vicini il mio cuore ti chiama e mi fa soffrire. Tu in me cerchi amicizia, io subisco il tuo volere. Soffro in silenzio, quando chiedi a me certe cose io rispondo sempre con sincerità e senza doppi fini. Ho sofferto troppo ed è ora di non soffrire più. Rinuncio all’esserti vicino fisicamente, ricordati che nel momento del bisogno per te ci sarò sempre.
Fatta di fiori e rami, ché la carne mi cade per strada a brandelli sotto i colpi della vita. Sono la mia natura selvaggia, la mia soglia matrigna, l’indisponente, l’odiato, lo scherno, l’invidia per braccia e gambe che gesticolano e camminano normalmente. Ho le stampelle attaccate agli occhi per non cadere difronte alle immagini mentali che proiettano ricordi e li introiettano ancor più, relegandoli su un letto antidecubito, ché troppe volte mi hanno lacerato, aprendo le piaghe nella membrana sottilissima di emozioni e memoria. Profumo d’essenza di fiori di loto e ninfee sul pelo d’acqua di stagno che genera muschio sulle pareti umide di archetipi immaginifici, astratti, confusi.
Alcune voci della notte possono causare profonde ferite. Arriva il giorno e le sana tutte.
Testarda, cocciuta, caparbia. Sono una di quelle donne che non si fermano davanti a nulla, una di quelle che cade migliaia di volte ma si rialza sempre, sono una di quelle donne che piange si dispera spacca tutto manda il mondo “affanculo…” poi asciuga le sue lacrime, lava il viso indossa un sorriso, alza i tacchi e va avanti nel mio vocabolario la parola “arrendersi non esiste”!
Non è facile essere ottimisti quando piove.