Filippo Brini – Filosofia
La conoscenza non serve a nulla se non va a braccetto con l’umiltà.
La conoscenza non serve a nulla se non va a braccetto con l’umiltà.
Viviamo un numero infinito di vite, determinando ogni volta il nostro “io” nell’ennesimo nuovo corpo.
La virtù non consiste in altro se non nell’atto in sé.
La vita è già tanto complicata, perché ci creiamo sempre nuovi problemi che non esistono?
Non voglio che le persone mi diano ciò che cerco, perché così come possono darmelo possono successivamente toglierlo. Voglio bastare a me stessa. Ma non mi basto mai.
Non c’è posto tanto sicuro dove rifugiarsi come la poesia.
Come quasi tutti gli ex-marxisti della mia generazione, ero un neofita del liberalismo, e nel mio entusiasmo semplicistico e ignorante lo usavo come una mazza. In sostanza, non facevo altro che adoperare il liberalismo per semplificare indebitamente la realtà, più o meno come si faceva pochi anni prima usando il marxismo. Rimaneva invariato l’atteggiamento psicologico, la presunzione semplificante. Avevo cambiato le mie idee per rimanere identico a me stesso. Di fronte alla richiesta di occuparsi seriamente e concretamente dei problemi delle donne, degli omosessuali, della gente scura di pelle, l’importante era disporre di un’elegante via di scampo. Non era poi così essenziale che, mentre anni prima la scappatoia era l’appello alla lotta di classe e a una perfetta rivoluzione, negli anni ottanta, con la crisi del marxismo, si fosse resa disponibile un’altra chiave universale: l’assolutezza dei criteri formali di uguaglianza. La sicumera rimaneva identica a se stessa.