Italo Calvino – Libri
Un classico è un libro che ha sempre qualcosa da dire!
Un classico è un libro che ha sempre qualcosa da dire!
Tuttavia ognuno di noi, indipendentemente dalle proprie capacità, almeno una volta in vita sua avrà fatto o detto cose molto al di sopra della sua natura e condizione, e se costui noi lo potessimo far emergere dal quotidiano spento in cui va perdendo i contorni, oppure se egli stesso, con un atto di violenza si tirasse fuori da reti e prigioni, quante meravigliose cose sarebbe capace di fare, quali profonde conoscenze saprebbe comunicare, perché ciascuno di noi conosce infinitamente di più di quanto creda e ciascuno degli altri infinitamente di più di quanto noi accettiamo di riconoscere in loro.
Non perdoniamo mai coloro ai quali abbiamo fatto dei torti.
La fanciulla mi assorbiva totalmente, senza però che io mi unissi alla conversazione generale. La sentivo vivere e muoversi come racchiusa in una musica soave, e il delicato, profondo fascino del suo essere mi circondava denso, dolce e forte come il profumo di un fiore. Per quanto benefico ciò mi fosse, potei sentire senz’ombra di dubbio che la vista di lei non poteva quietarmi e saziarmi e che il dolore, se di nuovo fossi stato separato da lei, sarebbe diventato assai più tormentoso. Nella delicata persona di lei sembravano guardarmi la mia sorte e la fiorente primavera della mia vita, che dovevo afferrare e tenere, perchè non sarebbero più tornate. Non era un desiderio fisico di baci e di una notte d’amore… era piuttosto una lieta fiducia che in quella cara figura il mio destino volesse incontrarmi, e che l’anima di lei mi fosse affina e amica, e che la mia felicità dovesse anche essere la sua.
… Una sera ero seduto davanti al caffè della Rotonde aspettando un amico. Il cielo era pesante e Parigi al buio… quando sul largo marciapiede, sotto i platani nudi, vidi venire un giovane pallido vestito di velluto grigio, senza cappello e con un fazzoletto al collo, che aveva l’aria di un poeta e di un teppista insieme: qualcosa di tragico e di fatale, era Modigliani.
È solo quando impari ad accettare che quel che è stato è stato che puoi usare la tua conoscenza del passato per ingannare il futuro.
Nel corso della storia gli abusi, la stupidità, le prepotenze, le atrocità e le bestialità dei potenti sono state innumerevoli, ma la gente dimentica presto ed è per questo che ho scritto questo libro.
Io credo che il divertire sia una funzione sociale,corrisponde alla mia morale;penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine,bisogna che si diverta,bisogna che abbia anche una gratificazione;questa è la mia morale:uno ha comprato il libro,ha pagato dei soldi,ci investe del suo tempo,si deve divertire…Io penso che il diverimento sia una cosa seria!
Lasciami andare a vedere il sogno, la velocità, il miracolo, non fermarmi con uno sguardo triste, questa notte lasciami vivere laggiù sull’orlo del mondo, solo questa notte, poi tornerò…
Esiste un sentimento più forte della curiosità femminile?Sapere, conoscere quello che si è sognato! Che cosa non farebbe la donna per ottenere questo? Quando s’è destata la curiosità impaziente d’una donna, ella commetterà ogni pazzia, ogni imprudenza, ogni atto temerario, non indietreggerà di fronte a niente. Naturalmente parlo delle donne che sono veramente tali, dotate di quello spirito triplo fondo che in superficie sembra freddo e giudizioso, ma che possiede tre scomparti segreti ricolmi: l’uno dell’inquetudine delle femmine sempre in fermento; l’altro di furberia con l’apparenza della buona fede, ma furberia delle persone devote, di gusti difficili, e pericolose; e finalmente l’ultimo di seducente galanteria senza scrupoli, d’inganni squisiti e di perfidie dolcissime, insomma di tutte quelle perverse qualità che spingono al suicidio gli amanti imbecilli e creduloni, mentre fanno beati tutti gli altri.
Forse perché farsi vedere troppo deboli dagli amici poi ci fa sentire in difficoltà. Forse perché pensiamo sempre che il nostro dolore sia unico, improvabile, come tutto ciò che ci riguarda. Nessuno può amare come amiamo noi, nessuno soffre come soffriamo noi.
Da bambino sognavo spesso i mostri… e riuscivo a fregarli, ma anche ora da grande qualche volta mi capita di sognarli… ma non riesco piu a fregarli.
La vita interiore è il centro più intimo dell’esistenza, dove si è se stessi e si gioca con le immagini infinite che trascorrono nella fantasia, si riflette e talvolta si medita. Qui, all’interno di noi stessi, può serbarsi qualcosa del mondo infantile abbandonato. Dentro di noi sopravvive infatti il suo ricordo e talvolta si riaccende con l’antica intensità: di fronte a un paesaggio, a una cortina di nebbia, a un cielo rannuvolato o splendidamente turchino, all’ascolto di una musica… Tenta di fissare questi ritorni all’infanzia il pittore o l’esecutore o il poeta che riesca ad imbrigliare in giri di pennellate, di tocchi, di parole la commozione trasognata che un dì lontano, fino ai due anni e mezzo, fu costante. Da una certa età in poi, la suddivisione atroce fra l’interiorità e il mondo esteriore si solidifica senza speranza… Invece della pienezza naturale si profila, da noi rigidamente, violentemente separato, uno spazio che ci rinserra ineluttabile, soverchiante, e taluni dei suoi abitanti ci si stringono addosso, ci forzano a guardarli e ad ascoltarli, a interrogarci su di loro, sicchè crediamo che tutto si riassuma non in noi, ma nel sito molteplice dove ci si trova. “(da “Lo stupore infantile”)
Non ricordo esattamente quando decisi che Konradin avrebbe dovuto diventare mio amico, ma non ebbi dubbi sul fatto che, prima o poi, lo sarebbe diventato. Fino al giorno del suo arrivo io non avevo avuto amici. Nella mia classe non c’era nessuno che avrebbe potuto rispondere all’idea romantica che avevo dell amicizia, nessuno che ammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bosogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione, nessuno per cui avrei dato volentieri la vita. Ho esitato un po’ prima di scrivere che “avrei dato volentieri la vita per un amico”, ma anche ora, a trent’anni di distanza, sono convinto che non si trattasse di un esagerazione e che non solo sarei stato pronto a morire per un amico, ma l’avrei fatto quasi con gioia.
Si, a pensarci bene lei il mondo lo voleva vedere. Quella consapevolezza le era cresciuta dentro piano piano […], la consapevolezza che oltre i confini di Longbridge esisteva un intero universo, più in là del capolinea 62, di Birmingham, addirittura dell’Inghilterra. E lei lo voleva vedere, e dividerlo con qualcuno. Voleva che qualcuno la tenesse per mano mentre lei guardava la luna che sorgeva sopra il Taj Mahal. Voleva essere baciata, piano, ma a lungo, sullo sfondo magnifico delle Montagne Rocciose, in Canada. Voleva scalare Ayers Rock all’alba. Voleva qualcuno che le chiedesse di sposarlo mentre il sole al tramonto stendeva le sue dita rosso sangue sui minareti rosa dell’Alhambra.
Nella vita di Leon(… )non esisteva nessun malintenzionato, nessun bugiardo, nè traditori nè imborglioni. A tutti spettava una forma di elogio, come se fosse motivo di meraviglia l’esistenza stessa di ognuno.
La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. (… ) Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita.