Luana Donati – Paradiso & Inferno
In Paradiso non starei a mio agio.
In Paradiso non starei a mio agio.
Siamo sulla Terra per ridere. Non potremo più farlo in purgatorio o all’inferno. E in paradiso sarebbe sconveniente.
Puoi avere una serena giornata anche senza sole. Non devono essere né le nuvole né tanto meno la pioggia a toglierti “il sereno” che hai dentro.
Il problema non è il non saper leggere. Ma leggere e non saper comprendere. Leggere lasciando semplicemente scorrere le parole sotto gli occhi. Senza farle minimamente passare per il cervello.
L’amore è quel filo spinato che ti conduce all’inferno dopo aver attraversato per un istante il paradiso.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Sono molte le persone che non sanno scrivere, ma molte di più incapaci di “leggere”.