Roberto Gervaso – Morte
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
È la morte dei singoli, non delle masse, che ci sconvolge.
Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere nell’erba che amo, se ancora mi vuoi, cercami sotto i tuoi piedi.
Ho visto i miei occhi riflessi nello specchio dell’ anima, il puro terrore; la follia della paura; la pazzia furente e urlante della mostruosità: ho visto la Morte. Ed essa mi guardava dal di dentro dello specchio con cieco desiderio. Desiderio di avermi; di ghernirmi; di possedermi… per sempre. Ho visto le sue lugubre e agghiaccianti dita, scarnificate, putrescenti, oscene, allungarsi in una specie di carezza sul mio cuore; ma volevano solo strapparlo per portarlo lontano… Ho visto la sua falce lunata mietere attorno vite… e per poco non cadevo anche io sotto il mortale girotondo… Ho visto il suo volto specchiarsi nel mio e diventare me stessa, rubandomi gli occhi, l’anima e i pensieri… Sono affogata in una melma di nera pece, ma poi ha schiuso la stretta ed ho nuovamente respirato. Ho visto il mio cadavere tornare alla superficie della vita e poi di nuovo affondare nel nulla, perché l’attesa ormai si è fatta così reale e distinta, da non permettermi più di discernere fra l’Adesso e il Niente…
Morte non è il cessare della vita, così come la notte non interrompe il giorno.
Sono morto tanto tempo fa ma, semplicemente, non l’avevo detto a nessuno.
La morte è la barca che ci traghetta all’altra sponda.
I cattivi finiscono in un modo infelice, i buoni in modo sfortunato: questo è quel che significa la tragedia.