Maicol Cortesi – Società
Lo stato non è lo stato. Lo stato siamo noi.
Lo stato non è lo stato. Lo stato siamo noi.
Le assemblee sono ambienti di meditazione.
Dietro al libro delle facce le persone si muovono.
Aiutate chi se lo merita e portate al merito.
Non ci sarà mai una vera libertà e giustizia, finché ci si assoggetterà alle regole degli sfruttatori e schiavisti stessi.
Il mio sogno è sempre quello, andare via da questo paese, che da offrirmi ha solo la corruzione politica, la mia disoccupazione e quella di troppa gente.
Con i fatti che ogni giorno sentiamo dai notiziari c’è da riflettere in che mondo stiamo vivendo. Sembra di essere in un incubo, gli omicidi e i femminicidi sono all’ordine del giorno, la malvagità del terrorismo dilaga sempre più e nella società, ognuno pensa ai propri interessi, senza scrupoli fregandosene del prossimo, i politici sono sempre più corrotti e come dico sempre io: il più pulito c’ha la rogna! L’Italia è sempre stata considerata il Bel Paese per eccellenza, non roviniamo la nostra immagine torniamo a brillare come una volta, voglio poter dire ancora: fiera di essere italiana!
L’umanità non sarebbe un’idea malvagia, se non fosse per l’uomo.
Si dice che l’abito non fa il monaco, ma quanti vedono l’abito e quanti il monaco? Viviamo in una società di apparenze in cui si esalta il corpo e non l’anima, l’involucro e non il suo contenuto, l’ombra e non la luce.
In Italia, se la magistratura arrestasse il politico che delinque, invece di cazzeggiare con le indagini, avremmo una società migliore.
Il mercato del lavoro non può essere in crisi in quanto il lavoro non è merce ma diritto.
Quando inizio a dire la verità dei fatti a viso scoperto, diventi un peso su quel sentiero dove la società non ti accetta, ma ti disprezza.
È il contatto che ci manca in una società dove si predilige il rapporto virtuale. Entri in un luogo pubblico e, mentre sei lì che aspetti, son tutti ipnotizzati davanti allo schermo del proprio Iphone. Niente dialogo, scambio di battute, tutto un botta e risposta su Whatsapp, o interminabile interagire coi giochi sui social. Pare non abbiamo più nulla da raccontarci, da inventarci. Solo un copia incolla di link da mandarci, di frasi fatte, di messaggi brevi, magari inaccessibili come codici fiscali, musica da postare, ma il linguaggio è fermo. Trovandoci uno di fronte all’altro o in comitiva ognuno guarda il proprio cellulare, pare sia lui il protagonista di ogni conversazione, sia lui a parlare per noi, più di noi. È il contatto, quello di sguardi, di sorrisi, di discorsi, è il contatto che ci manca.
È la pelle dell’orso che vesto ogni giorno, perché in un mondo di belve affamate, quella d’agnello avrebbe vita breve.
Se davvero vogliamo salvare gli esseri umani, bisogna iniziare col non generarne di nuovi.
Una delle peggiori cose è avere la capacità di poter cambiare le cose, e non saperlo o non crederci.
C’è chi studia le leggi non per applicarle o farle rispettare, ma per insegnare ad aggirarle.