David Grossman – Libri
Sto solo quasi bene, ed è un piacere di seconda mano.
Sto solo quasi bene, ed è un piacere di seconda mano.
Penso che se venissi rapito, o sparissi senza lasciare tracce, e un investigatore tentasse di ricostruire la mia personalità solo in base alle testimonianze di chi mi circonda, non approderebbe a nulla. Ecco, anche questo ho imparato da te: vivo soprattutto in quello che non ho.
E con quello sguardo mi chiedi ancora: chi sei? Non so, vorrei essere chiunque il tuo sguardo vede in me. Sì, se solo non avrai paura di vedere – forse sarò.
Ci siamo toccati ancora, guardandoci negli occhi. Uno sguardo diretto e tranquillo, molto semplice, tenendo conto dell’imbarazzo che di solito si crea in situazioni simili. Semplice come il bacio che si dà a un bambino quando viene a mostrarti una ferita. Il cuore si spezza al pensiero che si possa guardare così un adulto. […] Vorremmo staccarci ma non ne siamo capaci, e negli occhi di entrambi si aprono altri schermi in profondità. Penso a come un attimo simile ricordi il momento della tragedia, dopo la quale niente sarà più come prima. E noi, debolissimi, ci aggrappiamo l’una all’altro per non cadere e vediamo, con strana e triste lucidità, la nostra storia. […] Dal momento in cui ho cominciato a scriverti le parole sono sgorgate da un punto assolutamente nuovo, come se un seme fosse stato tenuto in serbo solo per un’amata particolare.
Cosa augurarti? A dire il vero, dovrei augurarti te stessa, perché tu sei il regalo più prezioso, più raro a cui possa pensare. Vorrei essere più coraggioso, per te.
Ma non ho mai incontrato una persona alla quale abbia desiderato affidare la mia anima. Ci sono dei geni a cui vengono date le tessere di un puzzle con l’immagine di un pappagallo e loro ne ricavano un pesce. Io ti ho consegnato un parassita e tu hai ricomposto un uomo. Usando gli stessi pezzi ma migliorandone il risultato.
Come se tu mi avessi teso una mano, facendomi superare il confine oltre il quale si trova la luce.
E com’è possibile che chi ha osato esprimere un desiderio così grande alla vita provi anche tanta paura nei suoi confronti?
Sono solo parole, dopotutto, e io sto qui a elemosinarle, come un mendicante.
Perché non ho dubbi che, se ci fossimo incontrati di persona, non saremmo riusciti a conoscerci nel modo in cui ci conosciamo. Io mi sarei subito sentito obbligato a sedurti, a scoprirti in quel mio modo rozzo, come se tu fossi merce in vendita. Pensa cosa ci saremmo persi, quante cose non avremmo mai saputo.
Tu devi, devi credermi. Io mi rivelo solo al secondo sguardo, o al terzo, mai a quello che effettivamente mi osserva.
Ma con te non mi comporto in modo logico: solo in modo follemente logico. E non voglio nemmeno aspettare, perché il tempo con te è diverso. È circolare, e ogni momento si trova esattamente alla stessa distanza dal centro.
Sto parlando di cose che non hanno nome, cose che nel corso della vita si accumulano sul fondo dell’anima, sedimenti e strati di terriccio. Se mi chiedessi di descriverteli, non saprei da che parte cominciare, non avrei le parole adatte. Solo una stretta al cuore, un’ombra passeggera, un sospiro.
Ti scrivo soltanto e ne ho già nostalgia.
Ciononostante, a volte, ripeto ad alta voce una tua frase, o solo una sequenza di parole, e sento sfilacciarsi una cucitura interna, l’imbastitura dell’anima. Scrivi, ogni giorno sprecato è un delitto.
Quando sono con altra gente (mi è venuto in mente stasera, mentre facevo il bagno a mio figlio) – non importa se estranei o molto vicini – c’è un pensiero che non mi abbandona: sanno tutti fare con naturalezza ciò di cui io mi sento assolutamente incapace: mettere radici.
È stupido cercare di spiegare (e tuttavia non riesco a smettere), ma è sempre così per me. In qualche punto, molto vicino, si accumula qualcosa – o qualcuno – che implora di esplodere, soffocherà non trovando uno sfogo e, anche se non mi è assolutamente chiaro cosa – o chi – sia, capisco perfettamente il suo bisogno di erompere, sento chiaramente il suo grido soffocato.