Mariella Buscemi – Viaggi e vacanze
Non è partire, è fuggire con la valigia disordinata, un aereo al posto delle scarpe ed i chilometri nella testa.
Non è partire, è fuggire con la valigia disordinata, un aereo al posto delle scarpe ed i chilometri nella testa.
La verità ci rende nudi, estremamente esposti all’occhio dell’altro. La verità, allora, diventa vergogna.
Per i grandi sognatori la realtà è sempre troppo angusta ed asfissiante.
Esistono verità così nascoste da farci perdere il gusto di scovarle, ripiegando, lesti, in menzogne di comodo ed a portata di mano; ci giustifichiamo, così, pensando che sia più un fatto di pigrizia che non di disonestà.
L’uomo diventa le donne che frequenta.
Sono le favole che c’hanno raccontato mamme, nonne e zie da piccole ad aver costruito le nostre roccaforti di convinzioni sui sentimenti e sugli uomini. Un rospo rimarrà sempre un rospo, anche dopo averlo baciato, se è rospo dentro. Ci frega la scarpetta di cristallo che è scomoda e fa male, ci frega la mela che allunga la vita, ci frega il tappeto volante per poter inseguire i nostri sogni, ci frega la sindrome della crocerossina con quella strana tendenza a voler salvare a tutti i costi chi non vuole essere né salvato né guarito; gli uomini: malati terminali di sentimenti ed emozioni che se ne vanno in giro con flebo di zucchero per addolcire di tanto in tanto quei pensieri e quelle parole che se uscissero dalla testa e dalla bocca così per come sono, sarebbero amari, amari, amari. E noi che facciamo? Ci rimaniamo male per non essere le sole, le uniche, le eroine che che cancellano i ricordi delle “ex-qualcosa” e impediscono ogni altra forma di “future-qualcosa” all’infuori di noi stesse, arriviamo noi e vogliamo il primato su tutto, li spogliamo di un prima e di un dopo. Mi vien da pensare che sono proprio poveri gli uomini se devono fare i conti con tutto questo, ecco perché preferiscono rimanere rospi!
Che c’è di più buono del profumo di Donna? Mistico, magico, dolce, terribile profumo di Donna! Mentre provano amore o l’amore lo fanno è inconfondibile, sembra un invito, un richiamo, una promessa, a volte, un castigo, una vendetta, una semplice resa. Donne che si attorcigliano nella loro essenza, la propagano, la disperdono, la lanciano come briciola, come filo e scia da seguire. Fragranza seducente di lembi di pelle fresca che, furtivamente, s’intravedono dalle scollature o dalle trasparenze. Uno sguardo d’intesa oltre gli occhiali neri che si unisce al rossore improvviso delle guance per un gioco che si è spinto un po’ oltre e fuggito al proprio controllo, il capo chino, la mano che passa nervosamente tra i capelli, rumore di tacchi.
E mi guardo e penso alle donne che non amano, ma si costringono a fingere per mettersi negli occhi il desiderio aiutato dal trucco. Troppe ombre, tipiche di chi avanza ed inciampa spesso perché volta la testa all’indietro. Paura. Si corre più forte per fuggire, ma sembra di farlo a vuoto dentro una ruota che ti da la sensazione di proseguire, ma che in realtà, ti tiene sempre fermo al punto di partenza. Altro copione. Ciak, si gira!
Siamo noi donne ad essere sbagliate. Nelle scelte, nelle direzioni delle emozioni, nei vettori dei desideri, nella freccia del tempo dei sogni. Aspiriamo al dannato ed all’impossibile mentre il sereno ci passa accanto e non ce ne accorgiamo neppure.
Hai scritto una tragedia per me e me l’hai recitata addosso.
Quando le persone confermano la brutta opinione che hai sul loro conto, non sai mai se essere doppiamente triste per la conferma o complimentarti con te stesso, stringendoti la mano compiaciuta, per averci azzeccato di nuovo.
Ho pensieri freddi che gocciolano dal tetto delle mie emozioni, architettura fatiscente che s’affaccia su una città antica, strade ostruite dalle macerie di guerre combattute sui nervi. E sono donna. Che combatte. Ancora oggi.
Come se io bussassi alla porta e non mi fosse aperto e come se tu ti fossi accorto del suo ritorno, dalla strada, in lontananza, e le hai spalancato la porta ancor prima che arrivasse… e l’ho vista entrare.
Sarebbe bello che chi ci ha fatto soffrire si sentisse sferzare continuamente la faccia con pensieri che sono pietre, avvertisse il desiderio ardente che è un coltello conficcato dentro, la paura che è unica custode dei nostri passi, l’ansia che ci fa ombra, la rabbia che è nostra gabbia. Sarebbe bello far provare loro tutto questo!
Per certe mie chiusure d’anima, ci vorrebbero grandi serrature, grandi chiavi.
Chi ha sofferto sa essere ancora più cattivo. Rabbia, frustrazione, impotenza e un sentimento d’ingiustizia pervasivo ci abitano da dentro e, come per una logica di pareggiamento dei conti, di libero sfogo o di ricerca di un capro espiatorio, finiamo per diventare carnefici di carnefici, carnefici di vittime e noi vittime di noi stessi.
Le (mie) ferite sono aperte e non si comprende se sgorga più sangue o più veleno; quel che so è che non esistono punti di sutura per rattopparle, non esiste cura, ed il tempo non appare essere maestro, ma complice di un’agonia.