Anonimo – Cucina
La torta più buona? Quella appena gustata!
La torta più buona? Quella appena gustata!
Non meriti neanche il calore di questa lacrimache lentamente mi attraversa il visoe scava un solco indelebile sul Cuore.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Epistula non erubescit.Lo scritto non arrossisce.
Nel tuo respiro io mi ispiro.
Ruberei le stelle dell’universo ma perderebbero di splendore accanto a te. Ti farei contare le onde del mare e per ognuna ti direi ti amo. Prenderei una nuvola dal cielo, ne farei un guanciale e te la donerei. Ruberei silenzi e li colmerei con dolci momenti da dividere con te. Prenderei una penna e scriverei sui bordi del mondo la nostra storia. Ti farei guardare l’orizzonte mentre tramonta il sole e in quella infinità ti mostrerei quanto e profondo quello che provo. Ruberei, prenderei, farei, tutto e solo per te.
Se parli mi piace, se taci mi piaci, se parli di baci baciami e taci.