Paulo Coelho – Stati d’Animo
Il dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi.
Il dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi.
Ho imparato a vivere guardando il cielo. Ho imparato che niente è impossibile se lo affronti con coraggio. Ho imparato ad amare dove vedevo odio e indifferenza. Ho imparato ad ascoltare il mare e a sussurrare alle stelle. Ho imparato che anche dopo il dolore possono uscir fuori delle cose belle. Ho imparato che le cose semplici le osservi e le vivi solo se apri con gioia e fiducia il tuo cuore alla vita.
Che nell’osservarmi risulto sempre quella che poi non sono.Che solo perchè amo l’eleganza nessuno si immagina io possa infilarmi in un bosco a raccogliere castagne. Tesori, mondi incantati.Che adoro sporcarmi i piedi di fango alla ricerca di qualcosa, concretamente, come nella vita.Che abbraccerei sempre tutti, che la mia espressione distaccata è involontaria, che sono fatta così.Che la forma sembra perfetta ma la sostanza resta un caos.Che ho bisogno di affetto anche se mi imbarazza fare il primo passo.Che più vorrei e più mi blocco.Che non sono brava a permetterti di conoscermi, anche se vorrei, anche se davvero, io ce la metto tutta.
E dopo l’ultima lavatrice, programma “delicati”, detersivo profumato, smacchiatore, ammorbidente quanto basta, mi auguro che domani ci sia il sole, che le macchie siano andate via e il colore non sia sbiadito! Mi dispiacerebbe se il mio cuore perdesse quel suo colore vivace, caldo, quel suo inconfondibile profumo di buono, e se qualche fibra si fosse infeltrita, ma, tant’è, nel gioco delle parti qualcosa si mantiene ma qualcosa è inesorabilmente destinata a degradarsi.
Inutile ostinarsi a bussare ad una porta chiusa, se dall’altra parte c’è chi non la vuole aprire. Sappi che ho lasciato il cuore là dentro, niente me lo ridarà indietro. Ti chiedo solo di non calpestarlo di più. Al prossimo colpo smetterà di battere.
So di aceto e limone, pungente sulla lingua, brucio sulla pelle. Aspra! Chi non sa diluirmi con la vaniglia dice di me che sono acre. Io mi preoccupo di non essere amara, nonostante i fumi delle pozioni tossiche inalate. Ricordo flebo di veleni somministrarti endovena, sottocute che creavano strati di rancore tra il cuoio e le arterie. E sono scappata nella notte, alzata da quel letto di droghe e soporiferi letali, rintanata come animale impaurito negli antri di boschi solitari e nebbiosi, tra le belve sanguinarie, aspettando l’alba sotto alberi spogli e durante piogge incessanti. Grondante e trafelata. La mia forza mi ha portata a bordo strada, non voglio passaggi da nessuno io, ma camminare sull’asfalto è assai diverso che camminare tra roghi e sterpaglie.
Dopo aver toccato il fondo, puoi rinascere, e dalla vita che inizia cogliere ogni sfumatura.