Rossella Porro – Abitudine
Serve sempre qualcuno che sappia ascoltare quando si ha qualcosa da raccontare.
Serve sempre qualcuno che sappia ascoltare quando si ha qualcosa da raccontare.
Detestabili sono coloro i quali sono animati dalla convinzione di essere più di quel che sono, ma quelli che credono di essere meno di quello che valgono sono i più pericolosi. Vanno salvati dal loro più grande nemico: se stessi.
Quando la “malattia” ti porta via il “sapere”, solo l’abitudine ti fa da guida nel tuo vivere.
Ci perdiamo in troppe cose, ricerchiamo le condizioni migliori e così lasciamo andare gli attimi ma tali condizioni sono solo delle idee, dei desideri, non esistono per lo più. Esiste la vita, tutto il resto è un mero conformismo che incatena l’anima.
L’abitudine è un’eterna anestesia mortale.
Ci sono abitudini più o meno radicate nella nostra vita, abitudini che possono essere modificate o debellate disabituandoci. L’unica abitudine a cui non riesco ad abituarmi è il convivere con me stesso!
Non amo vivere per troppo tempo nello stesso posto; ripudio da sempre l’abitudine, la rifuggo. Ho bisogno dell’euforia che si impadronisce di me per il nuovo, di vivere sensazioni differenti e vedere il passato che fino a poco prima era il presente, ampliando la distanza focale.
Una semplice abitudine si trasforma in una ricerca esasperata. La ricerca di quello che ti dà piacere. Ma a un certo punto qualcosa cambia e la rotta s’inverte. Smette di farti del bene e inizia a farti del male. Ogni giorno di più perché, purtroppo, per quanto ci stia lentamente uccidendo rinunciarci è peggio.
La dolcezza divenuta ordinaria perde il suo grato calore.
La vita è una sfida, non una continua rincorsa. C’è chi perde tempo ad aspettare un Eldorado brulicante di felicità inespresse, di sogni irraggiungibili e si perde il piacere di un presente carico di spontanea meraviglia, di gesti. Perde tempo per l’amore e non ama. Ma non amando, non ama se stesso. Le parole si perdono. Si perde il loro significato. Si perde tempo. E nel perderlo, rinunciamo a qualcosa di noi che rischia di morire così, alle volte, semplicemente sul nascere. Per paura, certo. Una fottuta paura di perdere. Ma non tentare per paura di perdere, equivale a non vivere. Ci si dimentica così di vivere, e si vegeta. Buttati, ti dico.
Anneghiamo troppe ore nel niente pensando sia indispensabile, trascurando quelle poche essenzialità che da sole basterebbero a colmare ogni altra mancanza.
Gli umani dimenticano in fretta la semplicità. Il nostro istinto è volto a complicare ciò che, se lasciato a sé, scivolerebbe via coi propri tempi.
Ogni tanto prova a guardare oltre il mio sorriso.
Tutti quanti nella vita almeno una volta abbiamo riflettuto sul mondo che ci circonda, sull’universo e sull’essere, questo pensiero libero viene soppresso ogni giorno con l’illusione di un mondo fittizio e trascinatorio verso un’esistenza vana e consumatrice fatta di futili illusioni che soddisfano un minimo il nostro bisogno di vivere…
Sai perché sei ancora nella mia vita? Perché nonostante avrei dovuto farlo senza neanche pensarci su, ho continuato a credere che prima o poi l’avresti fatto tu! Ma non hai le palle né la dignità per liberare lo spazio che abusivamente occupi e sai perché? Perché nel tuo sudicio animo ancora ci credi che io possa trovare in te qualcosa di buono.
I gesti che nascono dalla consuetudine, ci rendono simili tra il prossimo ma forse senza personalità distinta, sono invece gli esempi che nel bene o nel male riceviamo da chi c’ha messo al mondo che ci fanno veri uomini nel tempo.
La compassione spesso è il peggiore dei veleni, perché ci lascia un’alternativa alla reazione.