Marco Di Francesco – Destino
Certe coincidenze a volte lasciano senza parole… nessuna parola riesce a spiegarle e la ragione non arriva a capirle.
Certe coincidenze a volte lasciano senza parole… nessuna parola riesce a spiegarle e la ragione non arriva a capirle.
Il nostro passato: filo invisibile che conduce al nostro futuro.
Le attese sono infinite, i silenzi interminabili, i musi lunghi; nel frattempo, la vita scorre tra: infinito, interminabile, lunghezza che “si accorcia”.
Volere un regno immortale basato sulla sopraffazione, l’inganno, l’ipocrisia e la morte, questa è l’unica chimera.
Il cuore che sapeva troppo, lo sa ancora, e dal vuoto mormora nell’oggi e nel domani: le fauci fameliche sbranano loro stesse, la montagna del Tonante è crollata!
Il peggio si fa sempre aspettare.
La carne di cui sono fatto non conosca riposo, sollievo, estasi o tregua se la stessa che mi compone non combatta, con l’ultima delle cellule che la compone, a cambiare la più grande convenzione del genere umano: “il destino”.Non esiste il destino; esiste la molteplicità di “opere, fatti, parole, comportamenti” e l’essere nella sua infinita espressione concettuale convenzionale, bigotta e retrograda che “il destino” prende senso a cui noi attribuiamo le colpe o le fortune della nostra vita.Il destino è la conseguenza dell’essere umano che con il suo limite fatto di una materia, spesso, non alimentata, la stessa, che con altra materia nell’implosione esistenziale chiamata miseramente “destino”.
Nel grande “cerchio” che ognuno di noi disegna, dalla nascita alla morte, nella propria “tela”, (che viene tessuta nel composto organico della materia di cui siamo elemento e complemento), si realizzano dei sentieri; alcuni tortuosi, altri dissestati, in salita, in discesa, dritti con il rischio, a volte, di precipitare in burroni, fossi, fango, trappole, buche.Adesso, esistono due soluzioni per cercare di conoscere “il sentiero o la strada” che ognuno di noi percorrerà nella propria vita; il primo è in via d’estinzione poiché stiamo perdendo una tra le più grandi abilità che l’uomo possieda, a volte, senza esserne cosciente: la capacità all’ascolto – non siamo più in grado di “ricevere”, a stento di comunicare – ma non si comunica nulla o poco se non si ascolta partendo da qualsiasi forma d’ascolto; dal sorriso di un bimbo, primo elemento che impara all’essere umano quale ricchezza egli possieda, all’ascolto di un anziano che arranca nel completare un discorso ma nel quale vi sono insite poche frasi cariche di storia ove se si è stati vigili e attenti si può trascrivere nel proprio registratore personale dell’esperienza, “la nostra mente”, le cadute, le salite, discese e quei labirinti dal quale tante volte pensiamo di non uscirne più.Il secondo elemento, anch’egli in via d’estinzione, è l’umiltà.L’equazione dei due elementi “ascolto & umiltà” regala a ciò che rimane oggi dei rapporti umani, di questo genere umano, quei brevi e sempre più rari momenti di assoluta condizione di elevazione a quella “stimolante e conveniente” superficialità con cui abbiamo imparato a vivere la vita che ci è stata concessa.
Ci colpisce il canto di un’odissea che abbiamo vissuto, della felicità di uno sconosciuto, poco ci importa.
Con l’assassinio non si cambia il destino, né si prende quello di un altro per allungare la propria vita oltre il tempo, cercando di trasformare il bene e la moralità in male e ipocrisia. Ogni cosa ha le sue conseguenze, ed esse non si possono mai prevedere, per quanti piani si facciano, per quanto le mosse si credano astute e accurate, per quanti diritti si crede di avere sulle vite altrui sotto la protezione del proprio Dio ripugnante.
La sconcertante scoperta di quanto sia silenzioso il destino, quando, d’un tratto, esplode.
Insorgo alle grida di chi non mi ascolta. È un affanno per privarmi del sole, come immane è l’assenza mia tra gaudenti vite. Perché Dio sei sordo e cieco della vita mia.
Le esperienze fallimentari passate, non rendono più saggi e accorti, solamente più rintronati.
Non è possibile che un figlio si schieri contro il padre, è possibile invece che il padre inganni per salvarlo e uccida per nutrirlo, e imperare poi su quello ottenuto con la morte altrui, desolata esistenza di una tirannia che nega da sola la sua onestà biasimando le sue naturali inclinazioni.
Il destino è, quasi sempre, solo una buona scusa.
Gli assassini che vedono un futuro roseo è solo perché hanno gli occhi velati di sangue.
E, il tempo scorre, inesorabile, portando con sé, le “scorie” del quotidiano ambiguo ed ambivalente; alcuni felici di aver vissuto e sognato, altri alla ricerca della “pietra filosofale”, come me che, vorrebbe fermare il tempo, per divenire immortale!