Giuseppe Catalfamo – Morte
La morte di un genitore è quella più facilmente metabolizzata dagli “uomini”.Il grande dolore crea spazio ad una nuova libertà.
La morte di un genitore è quella più facilmente metabolizzata dagli “uomini”.Il grande dolore crea spazio ad una nuova libertà.
E quando morirò, voglio che sia in un fiume. Così sfamerò una manciata di pesciolini e diverrò concime che aiuterà a fiorire le orme di quel fiume prima di raggiungere il mare.
Odio la morte, per come ti strappa alla vita senza chiederti permesso.Odio la sua oscurità e l’eterno nullità che ti regala.Odio la morte in quanto è la fine della vita.
Dopo la morte non andiamo da nessuna parte. L’unico momento di cui ho paura è il trapasso… Quello in cui ti puoi accorgere di non aver vissuto abbastanza.
Tentiamo di vivere in modo tale che anche il becchino, alla nostra morte, ne sia addolorato.
Quando la vita scorre serena per un po’ di tempo, ci rilassiamo, pensiamo che nulla possa turbarci e il dolore degli altri che scorgiamo da lontano ci arriva flebile, diluito, non ci sfiora nemmeno, non ci distrae dalle nostre futili attività.È allora che accade qualcosa che ci scuote, ci sconvolge, annienta ogni sicurezza e fa breccia nel cuore assopito per risvegliare la compassione, per ricordarci che la serenità è un premio e non una garanzia, che la pace è una conquista, che l’amore è un dono di Dio e non un sentimento dovuto.È allora che la vita ci mette alla prova per capire se sappiamo riconoscere la nostra umanità, accettarla e viverla o se, al contrario, ci ribelliamo ad essa negandola ed annegandola in un vortice di rabbia e rancore, addirittura di odio.E, se viviamo l’umanità, è allora che crollano i castelli di vanità e polvere e risorgono i cuori, più rossi e brillanti che mai, purificati dal dolore vissuto, pronti a proiettarci ancora, e di nuovo, verso quel mondo vero e vivo che avevamo voluto dimenticare.
Funerea falce nell’infinito ventre oscilla sul capo dei condannati a vita.