Alberto Jess – Morte
Lamentarsi della morte è non accettar questa come naturale conseguenza della vita.
Lamentarsi della morte è non accettar questa come naturale conseguenza della vita.
E ancora, danzava con la morte e non si rendeva conto che era la vita nel cerchio di fuoco, fuori dal perimetro della folle ragione.
La morte è la tomba dell’amore.
Trascino stanca i miei passi lenti, mentre i ricordi invadono l’aria: ti rivedo madre, ti sento, ti odo; ma poi i ricordi svaniscono e torno sui miei passi, lentamente, stanca, senza ormai saper dove andare perché tu, faro della mia vita, ti sei spenta. E ancor oggi, nella mia strada buia e solitaria grido il tuo nome, Mamma.
Non sarebbe meglio nascere a cent’anni in una bara e morire a zero nel grembo materno?
Deluso nel tempo da una vita illusoria, contraffatta e malvagia, or ora mio Dio ti imploro dammi in eterno la pace, per tornare alla terra… mia madre.
Stiamo in prima linea, in attesa di morire. Ma anche qui appare un grande capo, che va al fronte senza chiedere il permesso.
Riempire di sangue fiumi di catrame solo per correre come dannati in auto non possono essere addobbati da fiori che vivono di lacrime. Delle semplici biciclette che creavano felicità in un gruppo di appassionati non meritavano di diventare dei semplici rottami.
Il passato sempre mi perseguita… come la morte insegue le sue vittime!
Asseriscono in tanti che sia “l’Eterno”, il fidanzato ufficiale della “Vita”…Ma solo pochi sanno che è “La Morte”, il suo vero & ultimo “Amante”
Continuerò a dirlo fino alla Fine senza altri inizi o tempi e neanche sogni: l’amore, la bellezza, la forza, che Dio crede di iniettare al suo Sistema con il mio spirito, rapimento e macellazione, è la droga della sua insania e rovina, insieme agli amati figli che ha condannato con questo universo, insieme a se stesso. La solidità della struttura così ottenuta è pericolosa apparenza. Io posso dispiacermi per la morte della Natura, che avverrà, è questione di tempo, ma sono in fondo un’estranea (non si dovrebbero accettare doni dagli estranei) nel suo Sistema, e lo guardo commossa, come si guarda una famiglia distrutta dall’avidità. Ma la commozione è niente paragonata allo strazio di un Padre che vede crollare l’intera sua creazione nel vuoto e nella disgrazia, voluta proprio dal Padre, che seguirà la sua sorte. Da vittima, io posso solo “agire” da vittima, cioè subire l’invidia di Dio, del Messia e dei santi, che torna a loro come riflessione, senza azione, ma l’avidità non si piega e non si spezza, e posso solo ammirare la disfatta del creato, del Padre. Ammirare… questa è un opera che va al di là della tragedia, fino a finire in nulla, dove gli attori muoiono per davvero, nella scena e nella vita. Continuerò sempre a dirlo: Dio, Serpente, creatore di tutte le cose, fermati, non lo fare; l’amore e la bellezza che credi di donare ai tuoi figli, aggiunti così alla Luce vi porteranno al collasso e allo sfascio eterno.
La morte è la padrona del silenzio.
La Vita regala, la Morte sottrae.
E qui, fra tanta ipocrisia, decido di morire prima che questa decida di uccidermi.
A forza di temere la morte… si è scordato di vivere.
Non c’è nulla di peggio che la morte dell’anima… non è mai la fine di tutto… ma è come portarsi dentro una carogna che non smette mai di marcire…
Chi muore, non muore davvero.