Claudio Visconti De Padua – Paradiso & Inferno
L’inferno è la nostra esistenza e le fiamme sono i nostri dolori.
L’inferno è la nostra esistenza e le fiamme sono i nostri dolori.
Fai delle mie mani il suadente sudario delle tue perversioni.
Oggi è entrata la Primavera…Per me da un po’ siamo entrati nella 5° stagione: l’Inferno!
Se tutto fosse dovuto, saremo perennemente in paradiso.
Ho sentito molte persone parlare bene dell’aldilà: ci deve pur essere qualcosa di vero!
Sognando s’impara a volare in paradiso o a cadere all’inferno.
Personalmente non so se merito il Paradiso, vorrei solo in questa vita ritagliarmi un attimo di felicità, giusto per sapere cosa potrei perdermi!
Io sono l’unico padrone del mio destino… Il solo vero artefice del mio paradiso o inferno.
Siamo tutti dipendenti. Cose e persone. Passato presente futuro. Siamo tutti dipendenti. Ed uscirne è la vera lotta. La battaglia che ci definisce.Che persone saremo? Di quelle che dominano? Di quelle che sono dominate?
Non è mai troppo tardi per cambiare e per migliorare le cose. Non bisogna mai stancarsi di inseguire ciò che potrebbe mutare positivamente la nostra vita.
Per andare all’inferno non c’è bisogno d’esservici condotto, è sufficiente che vi venga negato il paradiso.
Ogni cosa a suo tempo, anche la morte.
In Paradiso non starei a mio agio.
Quando siamo bambini l’inferno non è altro che il nome del diavolo sulla bocca dei nostri genitori. Poi questa nozione si complica, e allora ci rigiriamo nel letto nelle interminabili notti dell’adolescenza, cercando di spegnere le fiamme che ci bruciano, le fiamme dell’immaginazione. Più tardi, quando non ci guardiamo più allo specchio perché i nostri volti cominciano ad assomigliare a quello del diavolo, la nozione dell’inferno si trasforma in un piumone intellettuale e allora, per sottrarci a tanta angoscia, ci mettiamo a descriverlo. Giunti alla vecchiaia l’inferno è così alla portata di mano che l’accettiamo come un male necessario e lasciamo persino scorgere la nostra ansia di patirlo. Ancora più tardi, e adesso sì che siamo tra le sue fiamme, mentre bruciamo cominciamo a intuire che forse potremmo acclimatarci. Passati mille anni un diavolo ci chiede, con aria di circostanza, se soffriamo ancora; gli rispondiamo che l’abitudine ha una parte ben maggiore della sofferenza. Alla fine arriva il giorno in cui potremmo abbandonare l’inferno, ma rifiutiamo fermamente tale offerta. Chi rinuncia infatti a una cara abitudine?
Pensare a te è il mio entusiasmo. Quando non ti sento vicino, mi abbatto nel vuoto. Non chiedermi di non idearti.
Il nostro paese è benedetto da Dio e spesso maledetto da chi ci abita, ci è stato affidato un paradiso che facciamo di tutto per trasformare in inferno.
In tutti noi c’è un’energia pulsante e rinnovante, spesso soffocata dalla paura e dall’insicurezza. Essa è come una luce abbagliante che penetra in mezzo al buio dei nostri giorni.