Arthur Schopenhauer – Tristezza
La solitudine è il destino di tutte le grandi menti: un destino a volte deplorato, ma sempre scelto come il minore di due mali.
La solitudine è il destino di tutte le grandi menti: un destino a volte deplorato, ma sempre scelto come il minore di due mali.
L’infelicità è per il nostro animo il calore che lo mantiene tenero.
Quello che abbiamo può non farci felici ma quello che ci manca ci fa sicuramente infelici.
Ciascuno quanto più interna contentezza gli manca, tanto più desidera nell’opinione altrui passare per felice.
La brevità della vita, tanto spesso lamentata, potrebbe forse essere quel che la vita ha di meglio.
Ciò che rende socievoli gli uomini è la loro incapacità di sopportare la solitudine e, in questa, se stessi.
Perdonare e dimenticare vuol dire gettare dalla finestra una preziosa esperienza già fatta.
Quando si vogliono valutare le condizioni di un uomo in quanto alla sua felicità, non bisogna chiedere cosa lo diverte, ma che cosa lo rattrista.
L’istinto ci fa felici, il troppo volere ci dà l’infelicità.
Se le altre parti del mondo hanno le scimmie, l’Europa ha i francesi. La cosa si compensa.
Un punto importante dell’umana saggezza sta nella giusta proporzione in cui dedichiamo la nostra attenzione, parte al presente, parte al futuro, affinché l’uno non ci guasti l’altro. Molti vivono troppo nel presente: le persone leggere; altri troppo nell’avvenire: i pavidi e gli ansiosi. Raramente uno saprà tenere il giusto mezzo.
Se ad un Dio si deve questo mondo, non ci terrei ad essere quel Dio: l’infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore.
L’errore nasce sempre dalla tendenza dell’uomo a dedurre la causa della conseguenza.
Dei beni ai quali non è mai venuto in mente a un uomo di aspirare, egli non sente la mancanza.
La malvagità, si dice, la si sconta nell’altro mondo; ma la stupidità in questo.
Per non diventare molto infelici il mezzo più sicuro sta nel non pretendere di essere molto felici.
La solitudine è la sorte degli spiriti grandi.