Carlos Ruiz Zafón – Sogno
“E conserva i tuoi sogni” disse Miquel. “Non puoi sapere quando ne avrai bisogno.”
“E conserva i tuoi sogni” disse Miquel. “Non puoi sapere quando ne avrai bisogno.”
Il futuro si legge nelle strade, nelle fabbriche e nelle caserme molto più chiaramente che sulle pagine dei giornali.
A volte è più facile confidarsi con un estraneo. Chissà perché.Forse perché un estraneo ci vede come siamo realmente, e non come vogliamo far credere di essere.
La poesia si scrive con le lacrime, i romanzi con il sangue e la storia con le bolle di sapone.
L’invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato.
I libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito.
Ricordiamo solo quello che non è mai accaduto.
Il sistema più efficace per rendere inoffensivi i poveri è insegnare loro a imitare i ricchi.
L’essere umano crede come respira, per sopravvivere.
Il signor Sempere credeva che Dio vivesse un po’, o molto, nei libri e per questo dedicò la propria vita a condividerli, a proteggerli e ad assicurarsi che le loro pagine, come i nostri ricordi e i nostri desideri, non andassero mai perdute, perché credeva, e fece credere anche a me, che finché fosse rimasta una sola persona al mondo capace di leggerli e di viverli, sarebbe restato un frammento di Dio o di vita.
In quel pomeriggio di afa e di pioviggine, Clara Barcelò mi rubò il cuore, il respiro e il sonno. Le sue mani, nella magica penombra di quella loggia, impressero sulla mia pelle il marchio di una maledizione che mi avrebbe perseguitato per anni.
Poche cose impressionano un lettore quanto il primo libro capace di toccargli il cuore. L’eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erge nella nostra menoria un palazzo al quale – non importa quanti altri libri leggeremo, quante cose impareremo o dimenticheremo – prima o poi faremo ritorno.
Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi l’ha scritto e di coloro che l’hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietaripo, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza.
Le parole che hanno avvelenato il cuore di un figlio, pronunciate per meschinità o per ignoranza, si sedimentano nella memoria e lasciano un marchio indelebile.
Così mi scordai di me stessa, del fatto che stavo invecchiando e che avevo sprecato la mia gioventù amando un relitto, un essere senz’anima, uno spettro.
Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia.Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscità a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e sopratuttto quanto più desiderea: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più a lungo di lui. Uno scrittore è condannato a ricordare quell’istante, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
“Ha una brutta faccia.” Sentenziò.”Indigestione” Replicai.”Di cosa?””Di realtà.”